Firenze, 26 ottobre 2020 - Sulla carta il piano di emergenza ospedaliera messo a punto dalla Regione Toscana per affrontare la ripresa dell’epidemia Covid, prevede che sino al momento in cui non si renderà necessaria l’attivazione di oltre 1.300 posti letto, non servirà rimodulare le altre attività sanitarie, con riduzione dei ricoveri programmati. Sulla carta, appunto, perché nella realtà la riduzione è già iniziata, benché i posti occupati in ospedale, a ieri, fossero 825. A meno che non si facciano a tempo di record nuove assunzioni di medici e infermieri (tagliando i tempi ordinari del reclutamento) sarà impossibile mantenere inalterate le altre attività.
Da un mese, anche in Toscana, si assiste al raddoppio del numero dei positivi registrati ogni settimana (dal 28 settembre al 4 ottobre 1.013, dal 5 all’11 ottobre 2.581, dal 12 al 18 ottobre 4.642 e dal 19 ottobre a ieri 8.488). Dal 18 ottobre a ieri è raddoppiato anche il numero dei pazienti ricoverati: da 440 a 825. Se continua, come atteso, questo ritmo di progressione (se la misura del mini lockdown riuscirà ad appiattire la curva del contagio ce ne accorgeremo fra tre settimane), a fine mese conteremo più di 15.000 contagiati in una settimana e un’occupazione di oltre 1.500 posti in ospedale: attualmente viene ricoverato il 4,26% dei positivi, dei quali lo 0,6 necessita di cure intensive.
Il piano di emergenza toscano stima un totale massimo di 6.589 posti letto attivabili per il Covid fra gli ospedali pubblici (che ne contano 12mila in tutto) e le case di cura convenzionate, di cui 5.946 di degenza ordinaria e 643 di terapia intensiva. Superati i 500 posti si rende necessario attivare respiratori negli ospedali dismessi e poi sospendere le attività chirurgiche che richiedano il supporto del paziente in area critica. Per ottimizzare le risorse è stata riattivata la centrale di coordinamento regionale per le maxiemergenze, con l’apporto della piattaforma della centrale ospedaliera per il monitoraggio costante della disponibilità e dell’utilizzo dei posti letto.
Il piano di attivazione delle risposte della rete ospedaliera è basato sul principio della modularità rispetto alle esigenze di ricovero dei pazienti Covid. Fondamentale che il sistema ospedaliero sia pronto a ridurre i tempi di attivazione dei posti letto ordinari, sia di terapia intensiva, che ottimizzi l’impegno dei posti, in particolare di terapia intensiva, su base di area vasta e regionale e preservi quanto più possibile l’attività ordinaria. Per riuscirci è indispensabile una visione complessiva del percorso di cura dei pazienti Covid e la massima integrazione tra risposte ospedaliere ed extraospedaliere: con la presa in carico dei pazienti a livello di medicina territoriale, gli alberghi sanitari e le cure intermedie. In buona sostanza si deve ricoverare solo chi ne ha reale necessità per non saturare i posti e mandare precocemente in sovraccarico il sistema ospedaliero. Si prevede un’espansione progressiva della capacità in base alle necessità.
Nella prima fase sono coinvolti 15 ospedali, i maggiori della regione. L’idea di salvaguardarli per mantenere l’attività ordinaria è saltata mentre si stava mettendo a punto il piano, a causa del ritmo di crescita dell’ondata epidemica che ha richiesto l’attivazione precoce di nuovi reparti. Così gli ospedali minori entreranno a supporto in un secondo momento, ma si stanno già preparando. Si tratta di 11 strutture: Serristori di Figline, SS. Cosma e Damiano di Pescia Riuniti di Cecina, Villamarina a Piombino, S.Pietro Igneo a Fucecchio, ospedale di Portoferraio all’Elba, Lotti di Pontedera, S.Giovanni di Dio a Orbetello, Riuniti della Valdichiana a Nottola (Montepulciano), la Gruccia di Montevarchi e ospedale dell’Alta Val d’Elsa a Poggibonsi.