Firenze, 26 settembre 2017 - La trattativa. Il compromesso. Il patto. I più illustri docenti universitari del Belpaese parlavano liberamente al telefono, s’accapigliavano se necessario e «svilendo la loro funzione» mutuavano pure i termini delle pratiche commerciali, ma alla fine riuscivano a spartirsi le cattedre di diritto tributario, secondo una logica di potere che risponde a due grandi e potenti associazioni accademiche o ai loro interessi privati. Una vera e propria «chiamata alle armi» per garantire potere e privilegi alla casta dei baroni, far andare avanti i propri allievi e garantire il prestigio degli studi professionali e onorari zeppi di zeri.
Da Castellanza di Varese fino alla Puglia, sono sette i professori finiti agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla procura di Firenze, esplosa all’alba di ieri con un diluvio di perquisizioni della guardia di finanza in atenei, uffici e villoni. Nomi altisonanti, nel panorama accademico italiano, e non solo: tra i 45 indagati, c’è anche l’ex ministro Augusto Fantozzi, che dovrà comparire nei prossimi giorni dinanzi al gip, Antonio Pezzuti, il quale deciderà sulla misura richiesta a suo carico dai pubblici ministeri Paolo Barlucchi e Luca Turco. Il suo avvocato ha già fatto sapere che «il professore era già in pensione all’epoca dei fatti». Oltre ai sette finiti ai domiciliari – con uno strettissimo divieto di comunicare con terzi –, ci sono 22 docenti già interdetti dalla loro professione.
Atenei in subbuglio, per la vastità dell’inchiesta partita da Firenze tre anni or sono, quando in procura si presentò un aspirante docente universitario. Raccontava di come gli fosse stato «suggerito» di non partecipare all’esame per l’abilitazione all’insegnamento, e consegnò pure un colloquio, carpito registrando con il telefonino, tra lui e un altro ‘big’ dell’inchiesta, il fiorentino Pasquale Russo. A quella denuncia, si sono sommate decine di intercettazioni, culminate nella corposa ordinanza che imbarazza l’università italiana e rimette in discussione l’iter di reclutamento degli insegnanti. Figlio di una riforma del 2010 che doveva garantire trasparenza, alla luce di questo scandalo, sembra una legge fatta su misura per assicurare affari alla Aipdt, Associazione italiana dei professori di diritto tributario, e alla Ssdt, Società italiana studiosi di diritto tributario, le due realtà che all’ombra della commissione giudicatrice si spartivano i nomi dei professori e le piazze in cui i raccomandati sarebbero andati a insegnare.
Gli indizi più gravi, secondo il giudice, sono quelli raccolti nei confronti di Guglielmo Fransoni, tributarista a Firenze e professore a Foggia; Giuseppe Zizzo dell’università di Cattaneo di Castellanza, Varese; il napoletano Fabrizio Amatucci, il livornese, ma docente a Siena, Alessandro Giovannini; Giuseppe Maria Cipolla dell’Università di Cassino, Adriano Di Pietro dell’Università di Bologna e Valerio Ficari, diviso tra Sassari e Tor Vergata, a Roma.
Niente cattedra per un anno, ha stabilito ancora il gip, per Massimo Basilavecchia, Mauro Beghin, Pietro Boria, Andrea Carinci, Andrea Colli Vignarelli, Roberto Cordeiro Guerra (che protesta la sua innocenza: clicca qui per andare all'articolo), Giangiacomo D’Angelo, Lorenzo Del Federico, Eugenio Della Valle, Maria Cecilia Fregni, Marco Greggi, Giuseppe Marino, Daniela Mazzagreco, Francesco Padovani, Maria Concetta Parlato, Paolo Puri, Livia Salvini, Salvatore Sammartino, Pietro Selicato, Thomas Tassani, Loris Tosi e Francesco Tundo.