REDAZIONE CRONACA

Università, a Firenze la protesta dei precari. La rettrice Petrucci: “Condizione che ho vissuto anch’io”

I manifestanti si sono riuniti fuori dal Teatro del Maggio, dove si svolgeva la cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico dell’ateneo fiorentino

A sinistra la rettrice Alessandra Petrucci (foto Marco Mori/New Press Photo); a destra i manifestanti dell'Assemblea precaria universitaria fuori dal teatro del Maggio (foto Dire)

A sinistra la rettrice Alessandra Petrucci (foto Marco Mori/New Press Photo); a destra i manifestanti dell'Assemblea precaria universitaria fuori dal teatro del Maggio (foto Dire)

Firenze, 18 febbraio 2025 – Al teatro del Maggio la cerimonia d'apertura dell'anno accademico dell'Ateneo fiorentino. Fuori dal teatro la protesta dell'assemblea precaria universitaria di Firenze, in presidio contro la riforma Bernini che, nel volantino diffuso, è stata ribattezzata “danno accademico”.

Alcune decine di manifestanti hanno aderito all’iniziativa, mostrando bandiere, cartelli e striscioni contro il sottofinanziamento dell'Università e contro il nuovo provvedimento: da qui il coro “Bernini, Bernini, sgancia i quattrini”, scandito più volte. “Una riforma – ha spiegato l’Assemblea – che moltiplica le figure precarie nell'università, crea posizioni più 'flessibili' e meno retribuite, estende la durata degli anni di precariato, scarica sul personale precario e sottopagato le conseguenze dei tagli, riduce ulteriormente tutele, diritti e rappresentanza del personale precario”.

Le critiche dell’Assemblea

L’attacco è contro la ministra dell’Università e contro la Crui (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), che, secondo i manifestanti, “ha accolto con favore il disegno di legge perché introduce una 'necessaria flessibilità', ma – aggiungono – a essere necessaria è la nostra ricerca, non la nostra precarietà”.

Così anche la Crui e la sua presidente, Giovanna Iannantuoni, sono ritenuti responsabili di quello che viene definito “danno accademico”. Il concetto è ribadito anche da Giovanni Tonolo, assegnista di ricerca dell'Università di Firenze. Protesta da precario, con una cinquantina di colleghi, perché “la riforma Bernini alla figura unica del precariato ne aggiunge altre cinque –riferisce –. E questo fatto non può essere considerato separato dai tagli approvati alla fine dello scorso anno. Questa riforma, in sostanza, altro non è che uno strumento per consentire alle università di andare avanti con meno soldi, pagando meno quel precariato su cui si basano gli atenei. E l'Università di Firenze, in questo senso, non fa eccezione: lo dicono i dati Istat, il 56% del personale docente di ricerca è precario, a tempo determinato”.

“La riforma – osserva Tonolo – impatta su tutte queste persone, che hanno vite e progetti. E, in potenza, raddoppia gli anni di precariato che già adesso sono tanti: ho compagni di ufficio che vengono da un decennio di precariato e si ritrovano trattati, a più di 40 anni, come neostudenti, con borse e senza poter progettare la loro vita”. Secondo l'assegnista l'Italia è “l'unico Paese europeo in cui la ricerca non viene trattata come un lavoro serio, ma con contratti senza tutele, ferie o malattia. Non stiamo parlando di standard internazionali, ma di dumping. Siamo i Pulcinella del mondo della ricerca, per questo la riforma è bloccata dalla Commissione europea”.

Alla protesta aderisce anche la Flc-Cgil, che chiede la stabilizzazione dei colleghi precari e manifesta contro il Ddl 1660, che criminalizza il dissenso e prevede l'obbligo di collaborare con i servizi segreti negli Atenei e negli enti di ricerca, contro i tagli al Ffo, e per il rinnovo del Contratto nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori, permettendo almeno il recupero dell'inflazione. 

La replica della rettrice

“Risolvere il problema è difficile, anch'io sono stata precaria per dieci anni, quindi so che cosa vuol dire”, ha affermato Alessandra Petrucci, rettrice dell'Università di Firenze, parlando con i giornalisti che l’hanno interpellata sulla protesta.

Secondo Petrucci il problema esiste “per come è la struttura stessa dell'Università, che richiede molte persone che si occupano della ricerca”. La rettrice ha spiegato poi che per risolvere la questione “basta avere più soldi”, mentre con le attuali risorse dell'Ateneo “ci siamo impegnati il più possibile per cercare di dare una possibilità a una parte delle persone che potrebbero aspirare a entrare in maniera definitiva all'interno dell'Università. È chiaro – conclude – che le risorse che uno ha sono quelle che sono disponibili, quelle che si possono sostenere col bilancio, e quindi noi quello che possiamo fare senza dubbio lo stiamo facendo e lo faremo, l'impegno c'è”.