Firenze, 7 settembre 2022 - Una vacanza che si è trasformata in un incubo per una famiglia fiorentina. “Ci siamo ritrovati bloccati a Cuba, con due bambine piccole, a metà di un viaggio che era stato tutto organizzato – spiega il signor L. Neri - e questo perché gli Stati Uniti non ci hanno fatto entrare, senza darci nessuna spiegazione ufficiale. Ritirandoci il giorno prima del viaggio un visto che ci era già stato dato i primi di luglio. Per tornare in Italia abbiamo dovuto anche comprare dei biglietti che, presi all’ultimo momento, hanno avuto un costo importante”.
Proprio una brutta avventura quella capitata a questa famiglia fiorentina, babbo, mamma e due bambine piccole, che desiderava concedersi un viaggio dopo il lungo stop per Covid, e invece ha trascorso momenti complicati. “Siamo stati trattati dagli Usa come se fossimo delinquenti o terroristi – spiega il signor Neri – Abbiamo incontrato grossi disagi, non siamo stati rimborsati, non abbiamo ricevute scuse e non ci sono venuti incontro. Abbiamo deciso di raccontare la nostra disavventura per mettere in allerta chi fa questo tipo di viaggi, in modo tale che se vuole andare in America, sappia che passando per Cuba deve stare molto attento. Abbiamo costatato che il Paese americano ha una gestione delle frontiere insolita, e una cosa del genere non c’è mai capitata, in nessun’altra parte del mondo”.
Oltre al danno la beffa: “I soldi persi complessivamente si aggirano sui 3mila euro, tra gli alberghi nei quali avremmo dovuto soggiornare negli Usa dall’11 al 24 agosto, gli spostamenti e il volo di ritorno. Le vacanze le abbiamo dovute ridurre – dovevamo tornare il 27 agosto e invece siamo rientrati il 20 – e riprogrammare”. Il signor Neri ci spiega cos’è successo nel dettaglio a lui e alla sua famiglia. Signor Neri, quando è nata l’idea di questo viaggio per l’America via Cuba? “Dopo due anni di Covid, con i prezzi per le vacanze triplicati e due bambine di ormai cinque anni che pagano quanto due adulti, anche la nostra famiglia di viaggiatori comincia a fare i conti con alcune difficoltà. Da quando sono nate le nostre gemelle, Elettra e Olivia, ci siamo “fermati” solo per l’estate 2020, vacanza in cui scegliemmo di soggiornare al mare nella nostra bella Toscana. Per il resto, zaino in spalla e figlie al seguito, dalla loro nascita abbiamo visitato Francia, Spagna, Portogallo, Giappone, Vietnam e un lungo viaggio in Italia on the road. Con qualche risparmio messo da parte sognavamo di visitare gli Stati Uniti, ma trattandosi di un Paese molto costoso e avendo a disposizione molti giorni di ferie, abbiamo scelto di dedicare soltanto una parte del viaggio al nuovo continente, optando per un altro Paese con prezzi un pò più contenuti per il restante tempo: la scelta ricadde su Cuba”. Vi siete informati su possibili problemi? “Certo, ma ci avevano assicurato che i viaggi tra i due Paesi erano possibili: ufficialmente è così, ufficiosamente invece non lo è, e ce ne siamo resi conto quando era oramai troppo tardi. Abbiamo richiesto tutti i visti prima della partenza, acquistato i biglietti dei voli e dichiato gli spostamenti previsti già dall’Italia. Era il 4 luglio quando abbiamo ricevuto l’approvazione dell’Esta, il visto per entrare per via aerea negli Stati Uniti. Partiamo così, tranquilli, il 19 luglio. Abbiamo tutto con noi, biglietti, documenti, visti, assicurazioni sanitarie”. Poi cos’è successo? “La mattina dell’11 agosto avevamo il volo per gli Stati Uniti dall’Avana, ma alle 18 del giorno precedente abbiamo ricevuto una email che ci informava del cambio dello status del nostro Esta: in pratica, di punto in bianco, i nostri visti per gli Stati Uniti erano stati tutti cancellati a meno di 24 ore dal nostro volo per il nuovo continente. Il giorno seguente ci siamo recati comunque in aeroporto per capire cosa fosse successo, se si fosse trattato di un errore e se potevamo effettivamente proseguire il nostro viaggio. Purtroppo il trattamento riservato a noi e agli altri europei che dovevano salire sul nostro volo Jet Blue è stato per tutti lo stesso: visto revocato, annullamento della partenza, con perdita di soldi, e soprattutto grandissimo disagio”. Cosa avete fatto a quel punto? “Ci siamo trovati in aeroporto con due bambine piccole senza sapere dove andare, se e quando potevamo rientrare a casa. E non solo: c'era un’ingente somma di denaro perso nelle prenotazioni degli hotel, dei treni e dei visti per i 15 giorni negli Stati Uniti, ma anche la spesa da aggiungere per un nuovo volo intercontinentale, perché il nostro volo di rientro in Italia partiva da New York. Sono seguiti due giorni di panico in giro per l’Avana. Abbiamo lasciato le bambine nella casa particular che ci ospitava cercando di risolvere il problema all’ambasciata americana. All’ingresso ci hanno detto che stavamo perdendo il nostro tempo, che l’ambasciatore non si vedeva da 5 anni, che 9 persone su 10 che si presentano ogni giorno all’ingresso sono europei con il nostro stesso problema e che da inizio luglio è cominciata questa stretta da parte del governo statunitense, nonostante Cuba non figuri nella lista dei Paesi dai quali non è possibile accedere negli Stati Uniti”. Cosa vi hanno detto all’aeroporto? “All’aeroporto ci danno un’alternativa, a nostro avviso assurda ma che da diversi riscontri pare essere davvero scelta da molte persone, ovvero uscire da Cuba, volare in un altro Paese, per esempio il Messico, e da lì entrare negli Stati Uniti. La cosa ci è parse assurda. Non avendo la certezza reale dell’efficacia di questa soluzione, non ce la siamo sentita di tentare con figlie piccole a seguito e con il rischio di rimanere bloccati in un altro Paese ancora”. Avete contattato la Farnesina? “Certamente, la Farnesina ha creato un numero a noi dedicato e ci ha seguito fin da subito per mezzo della signora Sandra Passalacqua dell’ambasciata italiana all’Avana. L'ambasciata è riuscita a trovare per noi un volo di linea italiano per rientrare a casa al costo di 2500 euro. Nel frattempo, informandoci qua e là, scopriamo che l’Esta, il visto che si è stato improvvisamente negato, viene utilizzato per gli ingressi via aerea o marittima, e che via terra esiste un visto 'fisico' da apporre direttamente sul passaporto. Ringraziamo la signora Passalacqua, che comunque ci seguirà anche nei giorni seguenti, e scegliamo di volare a Toronto dove avremmo tentato di entrare via terra negli Stati Uniti, nella speranza di poter riacciuffare il nostro sogno e evitare di perdere migliaia di euro già spesi”. A quel punto cos’è accaduto? “Al confine con le cascate del Niagara provammo quindi il passaggio. Senza spiegazioni veniamo scortati e portati tutti e quattro in una sala d’attesa destinata a coloro che necessitano di ulteriori controlli prima di un eventuale ingresso o un ritorno. L’attesa è lunghissima, ci passano tutti avanti, quando finalmente vengo chiamato, schedato, fotografato, mi vengono prese le impronte digitali. Stesso trattamento riservato alla mia compagna, trattamento evitato alle bambine. Nonostante il nostro inglese stentato chiediamo gentilmente all’ufficiale che ci stava prendendo le impronte perché non potevamo entrare dato che Cuba non rientra nella lista dei Paesi dai quali è proibito l’accesso negli States, e lui ci risponde senza altrettanta educazione che evidentemente ora è proibito". Dunque siete stati lasciati nuovamente in un limbo. “Una delle bambine si addormenta in braccio a noi e l’altra smaniava perché non ne può più di questa attesa durata ore. Ci pareva chiaro che non saremmo potuti entrare, ma riponevamo ancora alcune fievoli speranze a riguardo. A questo punto ci chiamano nuovamente e ci fanno parlare con un poliziotto che interpretiamo essere di un grado superiore al precedente che ci ha accolto. Ci chiede di spiegare nuovamente la nostra storia, gli diciamo che abbiamo messo da parte i risparmi e che dopo il Covid questo è finalmente il nostro primo viaggio di famiglia, che abbiamo già perso diversi soldi e che speriamo soltanto di poter riprendere da qui il viaggio e recuperare il volo di ritorno da New York. Ci risponde: "Vedo cosa posso fare per voi”. Poco dopo ci consegna i moduli per la compilazione di un nuovo Esta. Ci mettiamo una vita a compilare il modulo, abbiamo paura di sbagliare qualcosa e di far saltare tutto per qualche sciocco cavillo, ma appena appoggiamo i documenti sulla scrivania ci dice: 'Mi dispiace, abbiamo chiamato Washington, ma non possiamo ammettervi'. Avevamo di fronte il poliziotto e non mai ha utilizzato il telefono in nostra presenza. La nostra impressione è che si sia trattata di un’ulteriore presa di giro e che sapessero dal primo momento che non ci avrebbero concesso il passaggio, anche perché anche noi sapevamo di non poter richiedere un nuovo Esta e che avevamo bisogno del visto 'via terra' che loro stessi avrebbero dovuto apporre sui nostri passaporti”. Quanto vi hanno trattenuto? “Al momento delle domande di rito: “C’è qualche motivo per cui è preoccupata di rientrare in Canada?”, rispondiamo che se le cose andranno ancora molto per le lunghe perderemo l’autobus di ritorno a Toronto e ci troveremo bloccati al confine di notte con due bambine piccole, quindi sì, siamo preoccupati. Ma l’ufficiale approfittando delle difficoltà con la lingua ci chiede se non sia meglio richiedere l’intervento di un interprete. Rispondiamo che sì, sarebbe utile, al che ci spiega che purtroppo (guarda caso!) l’interprete non c’è e ci fa firmare a un foglio in cui dichiariamo che abbiamo richiesto l’intervento dell’interprete e che purtroppo non si può procedere perché non capiamo bene la lingua. Come se non bastasse non potevamo uscire da soli, né potevano renderci i nostri passaporti, perché probabilmente temevano che potevamo fuggire a piedi con zaini e trolley e due bambine di cinque anni per attraversare il confine. È stata un’offesa perché siamo cittadini onesti. Durante il tragitto fino alla porta di uscita ci hanno scortato in due". Poi com’è andata a finire? “Abbiamo speso altri soldi e tempo alla ricerca di un hotel che ci ospitasse per la notte prima di rientrare la mattina seguente a Toronto. Alla dogana canadese sono stupiti di rivederci e ci chiesero tre volte, di cui la terza in italiano, il perché ci sia stato rifiutato l’ingresso negli Stati Uniti: non possono credere che sia perché siamo passati da Cuba. Terminiamo le nostre vacanze tra Toronto e Montreal, stiamo bene, siamo felici, pur con 3mila euro persi, con tanta frustrazione e rabbia e con la certezza che faremo di tutto per divulgare la nostra storia, per denunciare gli abusi che il governo degli Stati Uniti sta riservando ai cittadini di tutta Europa, e per evitare che questo possa succedere a qualcun altro”.