Firenze, 28 giugno 2022 - “Algoritmo capra”, lo ha definito Vittorio Sgarbi, presidente della Fondazione Canova, protestando perché le immagini delle opere dell'artista – ultima in ordine di tempo la statua di Teseo e il Minotauro – sono finite sotto censura su Instagram. Ma a mettere bollini rossi a immagini e video di nudi artistici, alla stregua di qualunque porno, sono anche gli altri social, da Facebook a TikTok. Per i capolavori della Galleria degli Uffizi l'app cinese non ha fatto eccezioni e ad essere censurata è stata la Venere di Botticelli. Ma in precedenza, dentro (e fuori, basti ricordare il caso dell'Expo Dubai), è stato censurato anche il David di Michelangelo.
Contro le linee guida e gli algoritmi delle community dei social pare ci sia poco da fare, a parte protestare e sensibilizzare. Anche perché, al di là della censura del singolo video o post, l'account di chi ha pubblicato l'immagine (che può essere dunque anche un museo), viene di fatto punito, sottoposto ad una serie di limitazioni e la visibilità di altri suoi post o video viene progressivamente ridotta per i famosi algoritmi che regolano il mondo dei social.
Qualcuno è corso ai ripari. Come l'Ente del turismo viennese, che dopo una serie di stop alle immagini di opere visitabili nei musei della capitale austriaca, ha deciso di trasferire tutto sul sito OnlyFans, dove si paga un abbonamento per vedere quello che interessa all'utente, dai nudi artistici, appunto, a quelli in carne ed ossa.
Le piattaforme di Zuckerberg hanno infatti censurato, nell'ordine, la campagna pubblicitaria per i 100 anni dalla morte del pittore Egon Schiele, un dipinto di Peter Paul Rubens e uno di Koloman Moser, tutti giudicati troppo 'spint'i per il pubblico dei social. Da Facebook a TikTok, il messaggio che arriva dalle linee guida della community non lascia però spazio a equivoci. Un capezzolo, per la legge dei social, è un capezzolo, anche se è della Venere di Botticelli.
“Ci adoperiamo costantemente per creare una piattaforma accogliente e sicura. Non consentiamo - si legge nelle linee guida della community di TikTok - la pubblicazione di contenuti pornografici, sessualmente espliciti o immagini di nudo”. “Non consentiamo la pubblicazione di immagini di nudo o di atti sessuali, ivi compresi contenuti creati o manipolati digitalmente. Siamo consapevoli – proseguono le linee guida - che determinati contenuti potrebbero risultare offensivi e culturalmente inadeguati in determinate regioni geografiche o che potrebbero non essere adatti a utenti di tutte le età”.
C'è sicuramente da protestare, dunque, ma forse anche da non meravigliarsi se l'arte, in tutte le sue forme, ha subìto da sempre delle censure. Anche nel mondo della musica, ad esempio. Un video divertente, parodia di una soap opera inglese, come quello di 'I want to break free', dove i Queen si travestono da donne, non passò mai sul canale televisivo MTV perché negli Stati Uniti degli anni Ottanta era considerato troppo spinto. Ma l'arte è universale e capace, da sempre, di rompere schemi precostituiti e tabù. Magari, speriamo presto, ci riuscirà anche con la censura dei social.