MICHELE BRANCALE
Cultura e spettacoli

Abele sequestrato. Parla ancora la voce di Paul Yazigi

Di Leo traduce ne 'Le ascensioni del cuore' gli scritti del vescovo greco ortodosso sparito in Siria nel 2013 durante una missione umanitaria

Paul Yazigi (da santegidio.org)

Paul Yazigi (da santegidio.org)

Roma, 18 settembre 2024 - La voce di Paul Yazigi esce dal Gallicantu, il luogo a Gerusalemme in cui Gesù fu di fatto sequestrato per una lunghissima notte e in cui il gallo ha cantato il suo abbandono. Ed è la voce di un sequestrato anche quella di Yazigi, vescovo greco ortodosso di Aleppo, di cui non si hanno più notizie, come del resto di Mar Gregorios Yohanna Ibrahim, vescovo siro ortodosso della stessa città, una delle più antiche del mondo, con lui “sparito”, missing, al ritorno da un'operazione umanitaria nell'aprile 2013, mentre in Siria infuriavano i combattimenti tra l'Isis e le molte milizie armate presenti nel Paese. Chi lo ricorda? Sembra cogliente anche sotto questo profilo la sua osservazione sul “mondo affollato di persone che si accalcano l'una accanto all'altra, ma sono come fantasmi”, nonostante le esplosioni, le sparizioni, la momentanea segnalazione sui media. Tutti collegati in rete ma prevalentemente come gente sola: “Nessuno si rivolge all'altro e nessuno di noi avverte la vicinanza dell'altro... Le società più affollate nella loro realtà sono selvagge. L'isolamento purtroppo è la natura della vita in gran parte delle società civilizzate, mentre crescono le attività commerciali e industriali. Aumenta anche l'egoismo e si disintegrano le amicizie”.

Dobbiamo gratitudine a Federico Di Leo che, col titolo de 'Le ascensioni del cuore', ha tradotto i commenti di Yazigi ai Salmi (4, 6, 50, 62, 83, 90 e 103) per la Urbaniana University Press, un volume agile e denso che grazie alla presentazione di Vittorio Ianari, impegnato nel dialogo con il mondo arabo-islamico e nei rapporti con i cristiani del Medio Oriente, alla sua introduzione e a una riflessione di Matteo Zuppi, cardinale e attuale Presidente della Cei, getta luce su questa figura nobile e umana travolta dalle onde della Storia, che ha imitato Gesù che “si riuniva sempre con i poveri e i deboli”. Tanto lui quanto Mar Gregorios Yohanna Ibrahim sono (erano?) due amici della Comunità di Sant'Egidio, che hanno preso parte più volte agli incontri internazionali per la pace maturati nello spirito di Assisi, il prossimo dei quali a Parigi dal 22 settembre, col titolo di ‘Immaginare la pace’. Di Leo, che si occupa di dialogo ed ecumenismo e ha perfezionato la conoscenza dell'arabo al Pontificio Istituto di Studi Arabi e d‘Islamistica di Roma, a Beirut (Université Saint-Joseph) e al Cairo (International Language Institute), ha conosciuto da vicino Yazigi, proprio durante questi incontri. Del metropolita, cristiano, arabo, vescovo, rappresentante del Patriarcato di Antiochia nelle discussioni teologiche ufficiali tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica, ormai non si hanno più notizie da 11 anni. Nato nel 1959 in Siria, a Latakia, “scomparve” insieme a Mar Gregorios (1948), in un contesto segnato dall’attività di miliziani di diverse provenienze, dal regime che ha provato a imporre un controllo armato del territorio e dall'esplosione del fondamentalismo radicale islamico. Potremmo dire che è in ogni caso una vittima di Caino. In una meditazione proposta ai cristiani che partecipavano il 5 ottobre 2010 alla preghiera per la pace a Barcellona, affrontava questo tema, considerando come le profondità del nostro cuore, sono “in bilico tra l’esempio di Caino e quello di Abele. Caino e Abele. Due persone. Ognuno di essi è il fratello dell’altro. Entrambi sono uniti dallo stesso legame. Il primo è assassino. Il secondo ama. Entrambi adorano Dio. Il primo ‘presenta la propria offerta’ per giustificarsi davanti al suo Dio. Il secondo adora perché ama. Il primo adora ma il suo cuore è colmo di altri desideri. Il secondo adora ed il suo cuore è sincero. Uno offre ciò che è ‘dovuto’. L’altro offre il ‘cuore’”. Tre anni dopo, il cuore offerto da lui e da Mar Gregorios per un’operazione umanitaria. Non è difficile immaginare a quanto, tanto lui che il confratello siro ortodosso, abbiano pregato in quei momenti attingendo alla memoria della Parola, come quella del salterio.

Nei commenti ai Salmi, Yazigi sottolinea come “la morte ci ricorda che ogni attimo di vita ha un grande valore” riecheggiando un principio che fu formulato da Ireneo di Lione. Non è certo un invito lugubre, quanto piuttosto un'indicazione ad apprezzare e amare la vita e darle senso. Ma anche i credenti di questa epoca sono spesso “persone schiave di un eccesso di razionalità” che cede come in tutti alla signoria dei desideri sulla volontà. Chi legge il salterio va in un'altra direzione e scende in profondità. Pensiamo all'immagine della cerva che cerca la sorgente per dissetarsi. Yazigi nota come la sua sete dipenda dal fatto che la cerva si nutra di rettili. È un simbolo nel simbolo, che fa pensare alla comunicazione avvelenata, distorta, che nutre pensieri e sentimenti, e soprattutto risentimenti. Ha notato Massimo il Confessore come il rancore sia omicida. Se leggiamo il presente con questa lente, riusciamo a decifrare non poco di noi stessi ma anche della Storia.