Firenze, 31 maggio 2023 – "È sempre un grande privilegio poter parlare con i ragazzi, ascoltarli ed essere da loro ascoltati". Esordisce così, da padre più che da tenore di fama internazionale, anima della fondazione che porta il suo nome, Andrea Bocelli, ieri nel capoluogo toscano in occasione di ABF WannaBE 2023, full immersion formativa che ha portato al teatro Goldoni 250 studenti delle scuole superiori del territorio fiorentino. Un incontro senza retorica, costruito a misura di adolescente, un’occasione di incontro e riflessione su argomenti scottanti, ancor più nell’era attuale dominata dai social: come comunicare, come relazionarsi e interagire empaticamente con il prossimo, come gestire il conflitto, come coltivare i propri talenti mettendoli al servizio degli altri, come tramutare generici proclami (quali ad esempio l’anelito alla pace nel mondo) in piccole azioni concrete e quotidiane.
Grazie a un pool di amici dell’associazione ABF, si sono avvicendati sul palco all’interno del progetto ABF Globalab, relatori e volti noti della Tv come il mentalista Andrea Paris, il cantautore Giovanni Caccamo, lo studioso di comunicazione Federico Stefanelli e l’attore Ubaldo Pantani (nei panni di presentatore) che hanno affrontato con un pizzico di leggerezza, semplicità e forza, temi cruciali, difficili. Questioni calde come la vergogna di mostrarsi e l’incapacità di comunicare, gettando un piccolo seme prezioso alla platea degli studenti. Ma le risposte più attese sono arrivate da lui.
In che modo ha coltivato il suo talento, Andrea Bocelli?
"Come dico anche ai miei figli, quando parlo di talento mi rifaccio alle virtù teologali, evocando tre parole chiave su cui ragionare: fede, speranza e carità".
In che senso?
"In primis occorre avere fede nel proprio talento. Fede non solo in chi ci ha creati, ma anche in noi stessi, nelle nostre possibilità, nel futuro che verrà. Fede che fa germinare la speranza, energia propulsiva di una vita gioiosa".
Quanto è importante la speranza?
"Moltissimo, occorre spiegare ai giovani che non devono lasciarsi sopraffare dalla brutte notizie, ma guardare avanti con fiducia, all’insegna della speranza. Ma perché quest’ultima sia tale, è fondamentale la carità, che travalica il gesto dell’elemosina, indicando in senso più ampio l’ascolto del prossimo, la volontà di comprenderne bisogni, problemi e desideri".
Quindi il messaggio che manda ai giovani è...?
"La bellezza salverà il mondo, come diceva Dostoevskij: ebbene, l’allegria, l’attenzione, l’interazione vivace e costante di questi meravigliosi giovani vite, confortano ulteriormente la nostra convinzione sul mondo... Forse un poco alla volta, ma sta cambiando. E in meglio".
Lei quando ha deciso di abbracciarlo, il suo talento?
"Ho sempre avuto un rapporto conflittuale con lui; ho iniziato molto giovane e quando ero ragazzino avevo voglia di libertà. Puntualmente qualcuno chiedeva “cantaci qualcosa“ e magari in quel momento non ne avevo voglia, ma me l’avrebbero fatto pesare. Davanti all’ennesimo “non farti pregare“ cantavo, così finiva lì. Ma per anni il momento drammatico è stato un altro..."
Ovvero?
"Puntualmente, quando mi trovavo in camerino, prima di salire sul palco, speravo accadesse qualcosa, non importava quanto drammatico fosse - un incendio, il terremoto - pur di evitare quel momento di esibirmi. Poi ho fatto pace con il talento e oggi vivo in serenità".