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Cultura e spettacoli

Il fondo Giorgio Albertazzi a Roma, la moglie Pia dona i carteggi

Al teatro Ghione una sala dedicata al Maestro. E una frecciata alla Pergola di Firenze

Giorgio Albertazzi con la moglie Pia de’ Tolomei (foto Gianluca Moggi/New Pressphoto)

Firenze, 27 gennaio 2017 - "Sono grata al Teatro Ghione di Roma che aprirà una sala intitolata a Giorgio Albertazzi. Mi hanno proposto anche altre cose, carine e sicuramente sentite, ma molte le ho dovute bloccare. Perché non ha senso che si facciano avanti istituzioni o città che con lui non hanno mai avuto a che fare. Credo che la memoria di Giorgio sia da condividere con chi ha lavorato con lui e chi l’ha conosciuto bene". Pia Tolomei di Lippa Albertazzi, la moglie del maestro, è lei l’unica che può decidere sulla futura memoria di uno dei più grandi interpreti del teatro italiano, scomparso lo scorso 28 maggio nella loro casa in Maremma, alla Pescaia.

Pia, perché scegliere il teatro Ghione di Roma e non pensare, magari alla Pergola di Firenze?

"Da subito il Ghione ha dimostrato una grande sensibilità rispetto alla memoria di Giorgio. Per dirti solo che la presentazione della stagione teatrale è iniziata con una grande emozione: sullo schermo montato sul palcoscenico, sono apparse e immagini di Giorgio e un filmato in cui parlava della morte e di quel desiderio di passare a miglior vitasu un palcoscenico. La stagione è iniziata con un applauso ed è stata completamente dedicata a Giorgio. Ma dalla Pergola non ho mai sentito neppure una parola".

Quando era nato il rapporto Ghione-Albertazzi?

"Negli ultimi sette anni ha avuto un bellissimo rapporto col quel teatro: ha regalato la sua arte ad un pubblico a cui è arrivato un messaggio che poi è stato impresso anche nelle locandine e che mi piace ricordare in nome suo: ‘Il teatro non muore mai’".

Cosa comprende la donazione Albertazzi a Roma?

"C’è tantissima roba, libri, pagine, tante fotografie: materiale immenso e importante sopratutto per chi studia la storia del teatro. Ci sono i suoi testi e gli scritti, i premi che ha ottenuto in una vita tutta dedicata alle scene. Nonché album con ritagli di giornale, programmi di sala, locandine, fotografie e documenti epistolari stralciati da alcuni carteggi, oltre a tanti volumi. Ho dato via quello che potevo, perché è inutile essere egoisti e tenersi tutto. A chi serve? Giorgio per primo sarebbe stato d’accordo, ne avevamo parlato".

Questo prezioso materiale sarà consultabile?

"Sì, certo, chiunque potrà andare a consultare questo fondo arricchito da un centinaio di fotografie inedite proprio dove stanno allestendo la Sala Albertazzi che sarà inaugurata il 28 di maggio. Mi fa anche un po’ effetto che Giorgio diventerà il nome di una sala, ma in fondo è bello".

E lei non si è tenuta ricordi scritti?

"Tutti gli oggetti e i libri non di teatro li ho tenuti io. Ho avuto anche un sorpresa molto carina".

Quale?

"C’era un atlante geografico, che stavo per regalare alla figlia di una mia amica. Per caso mi si apre sulla cartina della Micronesia, dove ero andata, e vedo che risultava tutta disegnata e scritta tipo: ‘Pia oggi è qui, domani parte per lì’. Erano gli appunti di Giorgio che segnava le tappe del mio viaggio. Mi stava seguendo sull’atltante annotando i luoghi che toccavo. Allora ho pensato che questo libro doveva rimanere con me".

Si cerca sempre, banalmente, un erede per un grande personaggio.

"Lui non ha nessun erede, caso mai allieve che sono diventate qualcuno per conto loro, come Elisabetta Pozzi e Mariangela D’Abbraccio. Stranamente tutte donne: con gli uomini non recitava volentieri. Chissà perché".

Già, chissà.