MAURIZIO COSTANZO
Cultura e spettacoli

Roberto Benigni, una vita da Sogno: il ritorno in prima serata del grande artista toscano

Il nuovo show è un viaggio inedito tra poesia, profondità e gioia. Fatto di “stupore, sorpresa, verità e bellezza”, come l’ha definito lui stesso

Roberto Benigni al Festival di Sanremo 2025 (Foto Ansa)

Roberto Benigni al Festival di Sanremo 2025 (Foto Ansa)

Firenze, 19 marzo 2025 - Un viaggio inedito ed emozionante tra poesia, profondità e gioia. È quello che Roberto Benigni farà fare agli spettatori del suo nuovo spettacolo "Il Sogno", che dopo 10 anni lo vede tornare stasera su Rai1 in prima serata alle 21.30 (e anche in diretta su Radio2).

Uno show evento fatto di "stupore, sorpresa, verità e bellezza", come ha dichiarato lo stesso Benigni, che racconta: "Nello spettacolo si parlerà di noi, dell'Europa, del mondo, della nostra vita. Si parlerà delle nostre aspirazioni e soprattutto dei nostri sogni. E io sono un grande sognatore. E siccome, come dice il Poeta, i grandi sognatori non sognano mai da soli, sogneremo tutti insieme". Un viaggio che ripercorrerà le tappe fondamentali dell'attore e regista premio Oscar per "La vita è bella", tra musica, film e parole, Dante, la Costituzione e Il cantico dei cantici, senza dimenticare qualche chicca: dalla straordinaria canzone "Quanto t'ho amato" (interpretata durante il Festival di Sanremo 2002) alla dedica alla moglie e musa Nicoletta Braschi (in occasione del conferimento del Premio alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia 2021). Non mancherà qualche aspetto meno noto, come quello del premio Tenco del 1981 quando Benigni intona "Mi piace la moglie di Paolo Conte" e l'innovativo cantautore astigiano, presente in teatro, dedica il brano "Dal loggione" alla zia del mattatore toscano. E ancora racconti e curiosità di uno dei più amati e popolari artisti italiani che nella sua carriera ha collaborato con personalità del calibro di Bernardo Bertolucci, Renzo Arbore, Walter Matthau, Jim Jarmusch, Massimo Troisi, Federico Fellini.

Roberto Benigni, figlio di contadini, ultimo di quatto figli dell'amore dei genitori Luigi e Isolina, nato a Manciano La Misericordia nell'aretino, ne ha fatto di strada dalle Feste dell’Unità. Cresciuto a Prato, è diventato una star mondiale in palcoscenico e al cinema, evento di punta dei palinsesti. Roberto (come lo chiamò trionfante Sophia Loren la sera dell'acclamazione agli Oscar nel 1999) è l'icona di se stesso, una maschera della commedia dell'arte dietro cui si nasconde un uomo timido e sorridente, un Pinocchio sempreverde che conserva la saggezza contadina dell'artista che lo ha scolpito, Geppetto. Non a caso al personaggio di Collodi ha legato due volte la sua carriera, prima come "one-man-band" nel suo film del 2002 e poi come attore al servizio di Matteo Garrone nell'adattamento del 2019 (Nastro d'argento come Geppetto). Benigni è uno straordinario interprete della cultura e dello spettacolo, un cantastorie capace di "rimare" all'impronta come si faceva un tempo sull'aia (memorabile un certame con Umberto Eco e Francesco Guccini a Gradara nel 1996), capace di recitare Dante o gli articoli della Costituzione o parlare dei 10 Comandamenti con la stessa elegante disinvoltura. Dell'artista ha sempre conservato la modestia e la duttilità, dell'attore la passione per la sfida a se stesso, dell'uomo di spettacolo le doti di improvvisazione. Sicché risulta impossibile inquadrarlo in un solo schema e seguirne la carriera e l'evoluzione con parametri consueti: bisogna abbandonarsi al suo estro, lasciarsi sorprendere ogni volta, così come accadrà in "Aspettando il Sogno". 

Debutta nel '71 al Metastasio di Prato come cantante e musicista ne "Il re nudo" diretto da Paolo Magelli. Carlo Monni e soprattutto Marco Messeri lo "tengono a battesimo" in vari spettacoli d'avanguardia a metà fra il teatro di strada e l'invenzione comica. Sbarcato a Roma in compagnia di Messeri, Roberto Benigni incontra nel '75 Giuseppe Bertolucci che scrive per lui il monologo di "Cioni Mario" diventato in breve lo spettacolo di punta del teatro Alberico, punto di riferimento della scena off romana. Frammenti di quell'esperienza finiscono nel programma tv "Onda libera" alias "Televacca", avversato dalla censura come del resto il suo primo exploit al cinema (sempre per mano di Giuseppe Bertolucci), "Berlinguer ti voglio bene" del '77. E a un raduno del giovani comunisti nel 1983 prese in braccio il segretario Berlinguer. La reazione del pubblico è stata ogni volta più calda. Fu così in teatro con lo spettacolo a sketch "Tuttobenigni"; in tv con le irruzioni al festival di Sanremo e a Fantastico (auspice Pippo Baudo), tra piccolo e grande schermo nel sodalizio con Renzo Arbore tra "L'altra domenica" e "Il Pap'occhio" (a lungo censurato).

Aspetta il 1983 per misurarsi con l'altra parte del set e la regia di se stesso. Debutta in punta di piedi con un film a episodi, "Tu mi turbi" nella più limpida tradizione del cinema comico all'italiana. Ma dietro uno stile sobrio, quasi trasparente, di regia nasconde ambizioni più alte. Con la complicità dell'amico Bertolucci scrive per sé e Massimo Troisi "Non ci resta che piangere" (1984) un "buddy buddy" a spasso nel tempo che frantuma ogni record d'incasso. Poi scappa dal suo successo e sbarca in America per farsi dirigere dall'amico Jim Jarmush con cui firma "Daunbailò" nel 1986, seguito da altri due lavori in cinque anni. Accetta di misurarsi col mito di Peter Sellers ne "Il figlio della pantera rosa" (1993) e torna in patria con un diverso carisma, da attore e regista di culto. Dal 1988 lo ha adottato Vincenzo Cerami, scuola pasoliniana e gusto dell'eccesso elegante. I due collaboreranno per sei volte dando vita a un formidabile sodalizio umano e artistico arricchito da Nicoletta Braschi, fondatrice insieme a Roberto ed Elda Ferri della casa di produzione Melampo, attrice-icona dell'uomo che diventa suo marito nel 1991. Insieme passeranno di successo in successo da "Il piccolo diavolo" a "Johnny Stecchino", da "Il mostro" fino al trionfo di "La vita è bella" che vince l'Oscar per il miglior film straniero ma regala a Roberto anche la statuetta come miglior attore. Seguiranno "Pinocchio" e "La tigre e la neve", ma nell'intervallo c'è spazio per la collaborazione con Federico Fellini (e Paolo Villaggio) in "La voce della luna" (1990). Negli ultimi anni il connubio con Dante e la Commedia ha portato Roberto Benigni su altri lidi, lontano dal cinema. Ma domani?