GIULIO ARONICA
Cultura e spettacoli

Tears in the rain: Blade Runner torna in sala al Giunti Odeon

Stasera e domani torna sul grande schermo il final cut definitivo del capolavoro diretto da Ridley Scott e interpretato da Harrison Ford e Rutger Hauer. Rispetto all'originale del 1982, la versione restaurata in 4k presenta scene ampliate ed effetti speciali inediti.

Blade Runner

Blade Runner

Firenze, 14 aprile 2025 - Ma gli androidi sognano pecore elettriche? Se lo chiedeva provocatoriamente lo scrittore americano Philip K.Dick, che nel 1968 pubblicava un romanzo - da noi arrivato con il titolo "Il cacciatore di androidi" - ambientato in un futuro post-apocalittico, dove gran parte degli esseri umani sono fuggiti nelle colonie extramondo, la maggior parte delle specie animali si sono estinte, e il detective solitario Rick Deckard deve dare la caccia a sei "replicanti" in fuga appartenenti all'ultima generazione: si chiamano Nexus 6 e seppur con una longevità limitata a quattro anni sono in grado di sviluppare emozioni proprie. 

Su quel testo buttarono gli occhi prima Martin Scorsese, e poi Ridley Scott, reduce dai successi de "I duellanti" e "Alien"; la sceneggiatura passò dalle mani di Robert Jaffe, figlio del produttore, a quelle dell'attore Hampton Fancher, ma fu la versione di David Webb Peoples l'unica ad incontrare il favore dell'autore, scomparso poco prima dell'uscita del film, nel giugno del 1982: figlio di una produzione tribolata - il britannico Scott, abituato ad avere il pieno controllo dell'art direction e lasciare molta autonomia agli attori, incontrò l'ostilità della troupe e dello stesso Harrison Ford, scelto dopo un lungo casting al posto di Robert Mitchum - "Blade Runner" fu un disastro anche in sala, incassando appena 27,5 milioni di dollari a fronte di 28 di spesa. 

A decretarne l'insuccesso, furono proprio i motivi che oggi lo rendono un cult immortale - a proposito, per i pochissimi che non l'hanno visto torna oggi e domani al cinema Giunti Odeon nella versione restaurata in 4k con scene ampliate ed effetti speciali inediti - a partire da quel passo lento, con tanto di voice over, che omaggiava il noir americano degli anni Cinquanta e il personaggio disilluso e crepuscolare del detective Philip Marlowe, nato dalla fantasia narrativa di Raymond Chandler.

Ma a spiazzare pubblico e critica fu anche la complessa architettura visiva alla base del racconto: ispirandosi ai fumetti dell'artista Moebius per la rivista francese di fantascienza "Métal Hurlant", al dipinto "Nighthawks" di Edward Hopper e al paesaggio industriale della sua città natale, South Shields, nell'Inghilterra nord-orientale, Scott si affidò al talento di Syd Mead e Douglas Trumbull per disegnare una Los Angeles distopica e retrofuturista, multietnica e claustrofobica, dove la pioggia acida prodotta dall'inquinamento offusca continuamente il Sole e i grattacieli sviluppati in verticale - omaggio evidente a "Metropolis" di Fritz Lang - separano i ricchi dal resto della popolazione, ammassata in quartieri caotici, poveri e degradati. 

A distanza di quasi mezzo secolo, a restare impresso nella mente e nel cuore di intere generazioni di cinefili e semplici appassionati non è l'annoso dibattito sulle varie versioni del film - per inciso, il director's cut cancella la voce narrante e sostituisce la fuga d'amore di Deckard e Rachael (Sean Young) con l'agghiacciante scoperta dell'origami a forma di unicorno - quanto la complessa tessitura di rimandi culturali, filosofici e sociali disseminati nel corso del racconto e incorniciati dall'indimenticabile monologo finale di Roy Batty (Rutger Hauer), il capo dei replicanti. Lo sguardo e la visione, l'alto e il basso, l'umano e la tecnologia sono i poli dialettici di una riflessione che si interroga sul destino della civiltà, a partire da quello che ci unisce nella nostra insopprimibile diversità: il bisogno di amore, l'anelito alla libertà, l'attaccamento alle radici - vere o frutto di innesti che siano - come alla vita. Nella tragica consapevolezza che tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. E' tempo di morire.