MONICA PIERACCINI
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Economia

Imprese, in undici anni scomparsi 11mila negozi in Toscana

A queste si aggiunge la perdita di 39mila botteghe artigiane chiuse nella regione tra il 2012 e il 2023

Un artigiano

Un artigiano

Firenze, 30 gennaio 2025 – Sono circa un migliaio, secondo le stime di Confcommercio, i negozi chiusi in Toscana nel 2024. Ma la crisi non è nuova. A fine 2013 le imprese del commercio superavano le 100mila, mentre oggi sono scese a 89mila. In undici anni, quindi, sono scomparse 11mila attività, a cui si aggiungono oltre 39mila imprese artigiane chiuse nella regione tra il 2012 e il 2023, come rivela una recente indagine della Cgia di Mestre. Questi numeri non rappresentano solo una perdita economica, ma testimoniano anche un impoverimento del tessuto sociale e culturale del territorio. Ogni saracinesca abbassata racconta una storia che si spegne, un pezzo di comunità che svanisce, lasciando un vuoto difficile da colmare.

Oltre la metà delle imprese non supera i tre anni di vita

Secondo Franco Marinoni, direttore di Confcommercio Toscana, il dato delle chiusure è emblematico di un problema più profondo. «Le nuove imprese, pur rappresentando un segnale positivo di vitalità economica, scontano un’estrema fragilità: oltre il 50% non supera i primi tre anni di vita», spiega Marinoni. «Spesso queste attività nascono in sostituzione di aziende consolidate, chiuse al pensionamento dei titolari, ma non riescono a colmare il vuoto economico, occupazionale e produttivo che lasciano. È un fenomeno preoccupante, acuito dalla rapidità dei cambiamenti sociali, demografici e urbani».

Botteghe storiche come spazi di incontro

La chiusura di ogni negozio storico è una perdita che va oltre l’economia. A sottolinearlo è Serena Vavolo, presidente di Confartigianato Imprese Firenze. «Non sono solo luoghi di commercio: sono spazi di incontro, dialogo, trasmissione di saperi antichi. Oggi, purtroppo, quel senso si sta perdendo, sostituito da un anonimato che ci rende tutti un po’ più soli». Le cause? «Molteplici», risponde Vavolo. «Il cambiamento delle abitudini di consumo, la difficoltà di competere con i grandi colossi dell’e-commerce e, non meno importante, la scelta delle nuove generazioni di intraprendere strade diverse da quelle del commercio familiare. È comprensibile che i giovani cerchino alternative che garantiscano stabilità e meno sacrifici, ma è altrettanto vero che le botteghe storiche offrono spazi di realizzazione personale e professionale che meritano di essere riscoperti».

Le proposte di Confesercenti: “Fondo speciale e ripopolare le periferie”

Cosa fare per invertire la rotta? Sono due le proposte per sostenere il commercio di vicinato che arrivano da Confesercenti Toscana. «La prima, sulla quale stiamo lavorando e che abbiamo già presentato al governo - afferma Nico Gronchi, presidente regionale di Confesercenti- è un Fondo speciale per la rigenerazione urbana. Alimentato da un aumento dell’1% della Web Tax, questo fondo potrebbe mettere a disposizione circa 500 milioni di euro per sostenere il commercio e il terziario, con un focus particolare sui centri storici e le aree più fragili». L’altra proposta è quella di investire e quindi ripopolare le periferie, i piccoli centri, i comuni montani, le zone più remote della Toscana, tornando ad offrire servizi alla popolazione. Un altro elemento chiave per rilanciare il commercio è rappresentato dagli eventi. «Dove gli eventi funzionano, il commercio funziona», afferma Gronchi. Iniziative e manifestazioni organizzate nei piccoli centri hanno dimostrato di poter attrarre flussi di persone. Infine, occorre riequilibrare il sistema fiscale. «Siamo di fronte ad una concorrenza sleale, quella dei colossi del web, che pagano il 15% di tasse, una percentuale nettamente inferiore a quella pagata dalle imprese toscane», conclude il presidente regionale di Confesercenti.