Monica Pieraccini
Economia

I produttori del vino contro Trump. ‘Dazi del 200 per cento, una follia’

L’allarme dalla Toscana: “Politica insostenibile sia per le nostre aziende che per gli importatori americani”

I produttori del vino contro Trump. ‘Dazi del 200 per cento, una follia’

Firenze, 15 marzo 2025 – L’annuncio di un possibile dazio del 200% sui vini italiani da parte dell’amministrazione Trump ha scatenato forte preoccupazione tra i produttori toscani. Se la misura diventasse realtà, potrebbe colpire duramente un settore che ha nell’export uno dei suoi pilastri economici. Negli ultimi dieci anni l’export di vino e olio verso gli Stati Uniti è cresciuto del 128%, raggiungendo il suo massimo storico nel 2024.

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Letizia Cesani (Coldiretti)

Gli Usa rappresentano il secondo mercato mondiale per il cibo e il vino Made in Italy, con un valore di esportazioni pari a 7,8 miliardi di euro lo scorso anno. La Toscana è la seconda regione italiana più esposta a questa guerra commerciale: il 28% del suo export agroalimentare è diretto negli Stati Uniti, di cui il 42% è rappresentato dall’olio e il 33% dal vino. Per il settore vinicolo, il rischio è concreto. I vini rossi Dop toscani trovano negli Usa il principale sbocco di mercato, con un valore di 290 milioni di euro. Un dazio di questa portata li renderebbe fuori mercato, con ripercussioni su tutta la filiera: dagli agricoltori ai distributori, fino ai consumatori americani.

“L’annuncio dei dazi – commenta Letizia Cesani, presidente di Coldiretti Toscana – ha gettato nel panico i produttori, che vedono minacciata una fetta fondamentale del proprio mercato. Le guerre commerciali non fanno bene a nessuno, né ai produttori né ai consumatori. Un’eventuale impennata dei prezzi porterà inevitabilmente al ricorso al “Tuscan Sounding“, ovvero a prodotti non originali”. Per questo, Coldiretti Toscana chiede un’azione diplomatica forte per difendere i risultati raggiunti nel settore. Dello stesso avviso è Valentino Berni, presidente di Cia Toscana, che sottolinea come gli Stati Uniti rappresentino quasi il 12% dell’export agroalimentare italiano, una quota superiore a quella di Germania, Spagna e Francia messe insieme.

“L’Italia – dichiara – deve farsi promotrice di un negoziato con gli Usa per scongiurare questa minaccia. Le conseguenze sarebbero disastrose per le nostre imprese, per il settore vinicolo e per il mercato del lavoro”. Anche Gabriele Zappelli, direttore del Consorzio Grosseto Export, esprime preoccupazione: “Un dazio del 200% sarebbe insostenibile, sia per le aziende toscane che per gli importatori americani, che vedrebbero i nostri vini fuori mercato. Le nostre produzioni sono di nicchia e di medio-alto livello, non possono reggere un aumento di prezzo così drastico”. La minaccia dei dazi ha già avuto, però, un impatto concreto. “C’è un clima di incertezza e molti importatori di vino toscano stanno posticipando le trattative, in attesa di capire cosa accadrà dopo il 2 aprile, data in cui le nuove tariffe potrebbero diventare ufficiali”, spiega Zappelli.

Secondo il direttore del Consorzio, una strategia per compensare, almeno in parte, l’eventuale impatto dei dazi americani è diversificare i mercati, puntando sul Canada e sul Sud-est asiatico, dove ci sono opportunità di crescita. Il mercato europeo, Italia compresa, non sarebbe invece in grado di assorbire le perdite, a causa della situazione economica.

Anche Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione italiana vini, condanna il rischio di un’escalation commerciale.  “Le guerre commerciali generano situazioni grottesche in cui a perdere sono tutti. Siamo al sonno della ragione che genera mostri, speriamo in un pronto risveglio da questo incubo, perché il vino è il simbolo dell’amicizia tra i due popoli”.

“Con i dazi al 200%, a cui non vogliamo credere almeno quanto non crediamo ai mostri – aggiunge – l’Ue perderebbe circa 4,9 miliardi di euro di export, ovvero il totale delle esportazioni dirette oltreoceano. Ma a rimetterci sarebbe anche l’industria del wine&food americana: per ogni euro di vino importato dall’Italia, se ne generano 4,5 a favore dell’economia statunitense”.