ALDO BAQUIS
Editoriale

Attacco a casa Netanyahu. Hezbollah: siamo stati noi. Il piano Usa per il Libano

Sono stati i miliziani a colpire l’abitazione del premier a Cesarea sabato scorso. Tel Aviv conferma di aver ucciso Safieddine, il successore del leader Nasrallah. Blinken e il cessate il fuoco: rafforzare Unifil e allontanare il Partito di Dio.

Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, con Benjamin Netanyahu a Gerusalemme

Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, con Benjamin Netanyahu a Gerusalemme

Roma, 23 ottobre 2024 – "Operazione Cesarea": questo il nome in codice dell’attacco sferrato sabato dagli Hezbollah contro Benjamin Netanyahu. Hanno utilizzato un drone che dopo un volo di 80 chilometri ha colpito (senza frantumarla) la finestra blindata della stanza da letto nella villa del premier, in quel momento deserta. "È stata un’operazione nostra, ce ne assumiamo piena responsabilità" ha dichiarato un portavoce degli Hezbollah, Mohammad Nabulsi. È stato un precedente assoluto nella storia dei conflitti che hanno impegnato lo Stato ebraico: mai finora, da David Ben Gurion in poi, qualcuno dei suoi nemici aveva cercato di attentare alla vita di un primo ministro. Netanyahu, affermano fonti di sicurezza, era comunque conscio di rappresentare un bersaglio, dopo le eliminazioni dei leader di Hamas Ismail Haniyeh e Yahia Sinwar, del leader degli Hezbollah Hassan Nasrallah e del suo successore, Hashem Safieddine, la cui morte (tre settimane fa, alla periferia sud di Beirut) è stata confermata proprio ieri da Tel Aviv.

Il fallito attentato è stato uno degli argomenti affrontati ieri a Gerusalemme da da Netanyahu con Antony Blinken, che è giunto alla sua 11esima visita in Israele in un anno. "Il segretario di Stato – ha affermato l’ufficio del premier – ha espresso il profondo choc degli Stati Uniti di fronte al tentativo dell’Iran, mediante gli Hezbollah, di eliminare il primo ministro. Ha aggiunto che si tratta di un episodio estremo e straordinario". Netanyahu ha avvertito che quella svolta "drammatica" avrà necessariamente conseguenze. Gli Stati Uniti hanno terminato la dislocazione di batterie anti-aeree Thaad (che funzionano in sintonia con gli Arrow-2 israeliani) e dunque tutto sembra ormai pronto per un blitz israeliano contro obiettivi in Iran in reazione all’attacco missilistico di tre settimane fa.

Una delle previsioni è che l’Iran risponderebbe a sua volta a un attacco israeliano nel proprio territorio. Ieri Binken ha affrontato anche questi scenari in un colloquio di quasi 3 ore con Netanyahu. Dopo di che ha voluto incontrare anche il ministro della Difesa Yoav Gallant. Documenti segreti, divulgati da un sito web vicino all’Iran, indicano che Israele potrebbe far ricorso a missili balistici Albm (Golden Horizon e Rocks), che possono essere  lanciati in volo da aerei da combattimento. Gli Usa non fanno mistero nell’auspicare che l’attacco israeliano sia rivolto solo contro obiettivi chiaramente militari.

Un altro tema scottante sul tavolo di Netanyahu e Blinken anche la situazione in Libano, dove l’emissario Usa Amos Hochstein ha cercato di mettere a punto una formula capace di fermare i combattimenti. Un giornale vicino agli Hezbollah ha appreso che essa si basa su un aggiornamento della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 2006. I miliziani Hezbollah dovrebbero spostarsi almeno 2 chilometri a nord del fiume Litani, che scorre in parallelo al confine fra Libano ed Israele. I caschi blu dell’Unifil sarebbero rafforzati, e lavorerebbero assieme con l’esercito libanese. Per sventare l’introduzione di armamenti sarebbe loro consentito di compiere ispezioni a sorpresa, di utilizzare droni, di controllare porti, di fermare veicoli, di entrare anche in proprietà private e anche di estendere le proprie attività al confine siro-libanese. La guerra intanto infuria: Israele ha continuato a bombardare obiettivi degli Hezbollah nei rioni meridionali di Beirut mentre gli Hezbollah hanno lanciato almeno 200 razzi e droni contro Israele. In uno di questi attacchi quasi un milione di israeliani hanno dovuto raggiungere rifugi e stanze protette mentre la aviazione cercava invano di individuare un drone nemico.