AGNESE PINI
Editoriale

Qualcosa di nuovo sul fronte

La guerra in Ucraina e l'Europa

La direttrice de La Nazione, Agnese Pini

La direttrice de La Nazione, Agnese Pini

Firenze, 15 maggio 2022 - La politica italiana sembra accordata su una sorta di orologio termico: non appena torna il caldo, e quasi per reazione chimica, ricomincia puntualmente a fibrillare. L’ultimo detonatore delle tensioni ormai endemiche nel Governo doveva essere la visita di Draghi negli Usa, iniziata sotto i peggiori auspici (almeno stando alle polemicuzze di casa nostra). I 5 Stelle di Conte erano partiti barricadieri, chiedendo al premier di riferire in Aula prima dell’incontro con Biden, e poi bollando la linea del Governo di ‘appiattimento filo-atlantista’. E invece il discusso incontro di martedì a Washington ha regalato una lettura inedita della posizione italiana all’interno del conflitto internazionale.

Una lettura non scontata, non semplice, soprattutto importante per capire il ruolo che l’Europa sta faticosamente tentando di giocare in questa partita. Dall’incontro Draghi-Biden abbiamo capito che l’Italia sta saldamente dentro la linea che appartiene anche a Macron e a Scholz, e che non ripudia certo Usa e Nato, ma che fa emergere una voce autonoma rispetto al conflitto. Autonoma e unita. Finalmente. Ha detto Draghi a Biden: “In Italia e in Europa la gente vuole mettere fine a questa violenza, a questo massacro, a questa macelleria. La gente si chiede che cosa possiamo fare per avere la pace. Dobbiamo utilizzare ogni canale per la pace, per un cessate il fuoco e l’avvio di negoziati credibili”.

Pochi giorni prima, a Strasburgo, aveva parlato Macron: “Quando la pace tornerà sul suolo europeo, dovremo costruire nuovi equilibri di sicurezza senza mai cedere alla tentazione di revanscismi, umiliazione o spirito di vendetta, ma sedendoci allo stesso tavolo con Russia e Ucraina”. Venerdì, infine, la telefonata in cui Scholz ha chiesto a Putin “un cessate il fuoco in Ucraina il più rapidamente possibile”. Nelle stesse ore, una ben più pesante telefonata ha segnato uno spartiacque simbolico di straordinaria importanza nel conflitto, al suo ottantesimo giorno: il primo contatto diretto tra Washington e Mosca. Non era ancora accaduto, ed è chiaro che il colloquio tra il ministro della Difesa Usa e quello russo segna un “prima e un dopo” nella guerra.

Che sia stato anche il peso dell’Europa a spingere l’America verso un passo impensabile fino a poche settimane fa è a questo punto un dato di fatto, ed è tanto più importante perché la Russia non ha mai fatto mistero nel dire che il suo vero interlocutore, per il tavolo del negoziato, non è Zelensky, ma è per l’appunto Biden. Questo non solo per delegittimare la leadership ucraina, ma soprattutto per chiarire - anche in sede di trattativa - che il vero regolamento di conti Putin lo vuole fare con gli Stati Uniti d’America. È ancora una volta il ritorno della Storia.