Roma, 9 ottobre 2024 – Quanto vale il diritto all’informazione? Dimentichiamo spesso di chiedercelo nel flusso continuo e quotidiano delle notizie. Poi accade ciò che è accaduto nel giro di appena 24 ore e allora quella domanda acquista immediatamente un senso. L’altra sera la Russia di Putin, sedicente democrazia, che aveva già messo al bando i due giornalisti del Tg1 Stefania Battistini e Simone Traini – colpevoli solo di aver fatto il loro lavoro (hanno raccontato quello che accade a Kursk) – ha anche spiccato un mandato d’arresto internazionale nei loro confronti. Calpestando completamente la libertà d’informazione (e d’espressione, che è poi quello che preoccupa di più lo zar, se qualcuno non la pensa come lui).
Ieri, in un’altra area di guerra, Lucia Goracci, inviata del Tg3, ci ha raccontato con la voce che lasciava trasparire la commozione, l’inseguimento e poi l’aggressione alla sua troupe che stava realizzando un servizio giornalistico a Sidone, in Libano. L’autista ha avuto la peggio: colto da un infarto, è morto poco dopo.
Riprendiamo allora la domanda iniziale: quanto vale il diritto all’informazione? Il valore è incommensurabile, anche a costo della libertà personale e perfino della vita. Come dimostrano, purtroppo, questi ultimi due casi.
È necessario quindi farsi questa domanda, ma è altrettanto necessario prendere consapevolezza, soprattutto in quest’epoca (in cui il rischio della cosiddetta post-verità si annida quasi a ogni angolo), di quanto sia importante che ci siano persone che fanno questo mestiere, il giornalista, e che ci siano anche i mezzi (editoriali ed economici) che permettano di farlo. L’ha detto la scorsa settimana il presidente Mattarella: "Le notizie verificate hanno un prezzo, irrinunciabile". E l’informazione di qualità rimane il caposaldo di una democrazia.