DAVID ALLEGRANTI
Editoriale
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Le riforme come distrazione di massa

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 5 novembre 2023 – C’è la vaga impressione che la spinta sul premierato, antica battaglia del centrodestra dai tempi di Berlusconi, arrivi con tempi e modalità decisamente sospetti. Sembra la classica arma di distrazione di massa della politica. Si parla di riforma costituzionale per non parlare del resto, dell’economia, della legge di bilancio con pochi quattrini e molti problemi - fra alleati da scontentare, categorie inviperite, come i medici, ai quali vengono tagliate le pensioni - e forse per regolare i conti all’interno della maggioranza. Oltretutto, entrando nel merito della riforma presidenziale, i problemi non mancano, come osserva il professor Stefano Ceccanti, ordinario di diritto pubblico comparato all’Università La Sapienza di Roma: "Il testo appare del tutto distante dalle proposte che sin qui avevano immaginato con equilibrio di importare il premierato in Italia, che per lo più si basavano su un’indicazione (non un’elezione diretta) di un Primo Ministro abbinata a un sistema prevalentemente maggioritario e su poteri analoghi a quelli del Cancelliere tedesco (fiducia al solo Cancelliere da parte di una sola Camera, potere di chiedere al Capo dello Stato la revoca oltre che la nomina dei ministri, sfiducia costruttiva con indicazione di un nuovo Premier a maggioranza assoluta, potere di chiedere elezioni anticipate qualora sconfitto sulla fiducia, che sono concesse qualora entro pochi giorni la Camera non elegga un nuovo Premier a maggioranza assoluta)". Qui invece vi è l’elezione diretta, "ma non vi sono questi poteri: la fiducia resta bicamerale (e l’elezione delle due Camere messa sulla stessa scheda), per revocare i ministri bisogna ancora passare per la sfiducia individuale, lo scioglimento in realtà finisce per slittare sull’eventuale secondo Premier della legislatura perché quello non è sostituibile". Insomma, l’idea di fondo sembra quella di affidare tutto al trascinamento di fatto dell’elezione diretta che porterebbe a prendere dei poteri non formalmente riconosciuti: un approccio divaricante rispetto al costituzionalismo liberaldemocratico". Viene anche il dubbio insomma che il testo proposto dal governo non sia costituzionalmente corretto. Ma qualora lo fosse, l’obiettivo non sembrano essere le riforme bensì il referendum. Riforme e referendum come arma di distrazione di massa.

Le riforme della Costituzione non portano molto bene, ne sa qualcosa Matteo Renzi. Certo, Meloni a differenza dell’ex segretario del Pd non sembra avere l’intenzione di legare la propria sopravvivenza politica al presidenzialismo. Renzi caricò di significato il referendum dicendo che in caso di sconfitta avrebbe lasciato la politica. Così non è avvenuto. Meloni, quantomeno, sembra avere l’accortezza di non scommettere su sé stessa. Quindi se dovesse capire che rischierebbe una solenne sconfitta non esiterebbe a fermarsi prima del dirupo. La presidente del Consiglio, tuttavia, non pare suscitare gli stessi sentimenti di ostilità che Berlusconi e Renzi provocavano. Per questo il referendum potrebbe anche vincerlo.

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