Firenze, 29 luglio 2018 - Il 9 luglio scorso quattro ginecologi dipendenti dell’ospedale Santo Stefano di Prato e tre cittadini cinesi sono stati arrestati dai carabinieri per gravi reati: peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato. È bene mantenere accesi i riflettori su questa vicenda. Secondo l’accusa i medici effettuavano visite in nero, mentre erano di turno in reparto, a cittadine cinesi, utilizzando le strutture dell’ospedale, con la mediazione di alcuni orientali. Secondo quanto emerso dalle indagini le donne saltavano la trafila della prenotazione al Cup. Questi i fatti. Che ci devono far riflettere. Per questi fatti dobbiamo dire, nonostante lo sbandieramento dei cattivi esempi, delle inchieste, degli arresti e così via, ci risiamo. Purtroppo. Quello che è accaduto a Prato, è chiaro, rappresenta una falla del sistema regionale dei metodi di controllo da parte delle strapagate (anche qui ci sarebbe da aprire un capitolo) dirigenze sanitarie a cominciare dall’Asl di riferimento.
E’ infatti difficile capire come potessero avvenire queste visite nei reparti ospedalieri come se nessuno sapesse o potesse fare qualcosa. Omertà? E fino a che punto? Non lo sappiamo. Vedremo gli esiti dell’inchiesta. Qualcosa può essere già detto, però. Di certo i controlli non ci sono stati nonostante le attività professionali dentro le mura degli ospedali siano rigorosamente regolamentate sotto ogni profilo, compreso quello fiscale. Per cui non possiamo neppure qui cavarcela con la promessa che non succederà più. E’ invece fondamentale capire come è potuto accadere e comprendere fino in fondo come visite in nero, elevate a sistema, siano potute generarsi e prosperare fino all’intervento della Procura.
E bisogna assolutamente individuare le responsabilità interne dell’azienda sanitaria su chi avrebbe dovuto controllare e non lo ha fatto. Perché la sanità pubblica è un bene di tutti i cittadini, i quali di fronte alle liste di attesa devono essere uguali, gravità di una malattia a parte. Perché dovrebbero avere maggiori diritti coloro che con il denaro dribblano la liste di attesa appunto? Anche per questo un intervento sistematico dovrebbe avere l’obiettivo di diminuire o abbattere i tempi sia per offrire un servizio più efficiente ai cittadini, sia anche, per eliminare le tentazioni della corruzione che continua a mostrare i sintomi di una epidemia nazionale.
Il sistema sanitario toscano si è distinto per anni ai vertici dell’efficienza nazionale. Ultimamente non è più così. Le crepe sono tante. Proteste e disservizi hanno fatto sì che la Regione, di recente, abbia messo mano a un piano straordinario per abbattere le liste di attesa. Bene. Ma usiamo la stessa attenzione per i controlli su quanto accade nel servizio sanitario. Non sono tollerabili mele marce dentro ospedali e ambulatori dove solo cura e abnegazione, passione e scienza devono essere protagonisti. Non c’è spazio per il rumore dei soldi e della corruzione.