Firenze, 18 febbraio 2018 - Ma che sta succedendo alla nostra scuola? Se lo domandano sempre più in molti, stupiti e preoccupati, dalla escalation di fattacci che hanno coinvolto docenti, genitori e studenti, da nord a sud del Paese. Fattacci che vanno ora oltre il fenomeno pur diffuso e combattuto del bullismo. Genitori e studenti, che non si accontentano più di protestare dal preside o di andare dall’avvocato per un brutto voto o per un rimprovero, stanno ora superando ogni limite ricorrendo alle angherie e alla violenza fisica. La cronaca racconta, per restare a episodi recenti, del padre di un alunno che prende a pugni il vicepreside colpevole di aver rimproverato il figlio perché all’uscita dalla scuola spintonava i compagni, di uno studente sedicenne che ha sfregiato la professoressa in classe, di un altro studente di undici anni che ha picchiato la sua insegnante. Era già capitato di un padre che aveva mandato all’ospedale l’insegnante del figlio per un contrasto verbale tra i banchi. Sono comportamenti violenti che non si fermano di fronte a nulla. Provocati dalla quotidianità scolastica: insegnanti che riprendono gli allievi per educarli. Il loro compito insieme alla didattica, per far diventare adulti gli studenti.
Non solo si sconta la rottura della collaborazione tra scuola e famiglia che invece dovrebbero cooperare per il bene dei ragazzi, ma anche e soprattutto la conflittualità crescente generata dall’intemperanza di genitori che da tempo non accettano neppure un rimprovero fatto ai figli. Rimproveri di insegnanti che un tempo, una volta a casa, si replicavano diventando castighi, punizioni. Un tempo,ora non più. O in pochi casi. La difesa a prescindere del figlio, senza se e senza ma, ha assunto per molti genitori il carattere di normalità.
Il salto di qualità, in negativo s’intende, è il passaggio dai reclami alle botte. Inaccettabile. Ed è aumentata la paura, peraltro già diffusa, tra i docenti. I mali comunque vengono da lontano, da una scuola che ha perduto parte della sua autorevolezza, come è accaduto ad altre istituzioni pubbliche. Che non si faccia però di ogni erba un fascio, non si generalizzino episodi pur gravi che vanno affrontati e emarginati. Genitori e studenti vanno redarguiti ma recuperati. Perché sia chiaro che, con tutti i difetti, la scuola fortunatamente no è questa.
Non sono questi né i docenti né i genitori che, nella stragrande maggioranza, seguono, collaborando, i ragazzi nel loro percorso. E’ semmai l’invadenza di campo il problema. Per la scuola, però, scossa da continui cambiamenti, si deve ritrovare quella stabilità minata dalle troppe riforme che, per loro natura, dovrebbero avere il tempo di essere applicate e digerite: e invece sono state smantellate nel giro di pochi anni, provocando disorientamento e dissafezione. e non parliamo dei tagli a risorse ridotte al lumicino, per cui investire sulla scuola sta tornando ad allungare l’elenco delle emergenze.