Ancor più che la crudezza delle immagini, è lo strazio delle urla a lasciare senza fiato: l’implorare, il dibattersi disperato di un ragazzo di 25 anni, uno studente universitario, circondato da quattro uomini in divisa. La violenza in presa diretta, la brutalità documentata attraverso la prospettiva stretta di una bodycam che si avventa sulla vittima. Legato, incaprettato e lasciato a terra per tredici minuti, annichilito, umiliato. Poteva morire soffocato. È sopravvissuto e adesso chiede giustizia.
È difficile scrivere queste parole, associarle a quelle immagini - che abbiamo deciso di pubblicare per cristallizzare l’ignominia del reato - e non provare insieme un moto di tremenda sofferenza, e di umanissimo disgusto.
Ma la storia di Matteo Falcinelli, universitario di Spoleto in trasferta per un master alla Florida International University, arrestato fuori da un locale di Miami con accuse fumose, torturato e legato in una cella di sicurezza, non è solo l’ennesima storia di violenza ordinaria: e del resto 369 persone uccise da inizio anno per mano della polizia negli Stati Uniti sono sufficienti a farci ascrivere la violenza alla categoria dell’ordinarietà. Gli Stati Uniti sono per noi fonte secolare di ispirazione democratica, artistica, sociale, culturale: non sono l’Egitto, non sono l’Ungheria, per ricordare i casi clamorosi di altri connazionali abusati o privati dei loro fondamentali diritti in terra straniera. E dunque dopo queste immagini, dopo questa denuncia, è doveroso chiedere e aspettarsi piena chiarezza e piena giustizia, per restituire a un giovane di vent’anni dignità e umanità.
Abito in una città, Firenze, che da decenni ospita a migliaia di ragazzi e ragazze in trasferta studio dagli Stati Uniti. La convivenza tra gli studenti americani e i residenti è feconda, importante, utile. Ma non sempre semplice. Sette anni fa creò una corale e sacrosanta indignazione la storia di due giovanissime studentesse violentate da una coppia di carabinieri in servizio. Seguirono la rimozione dei militari e un processo. Fu sufficiente a riparare il torto subito da quelle due ragazze? Non lo so, forse no. Forse il torto, almeno quello morale, non sarà mai loro davvero risarcito. Ma l’atto della giustizia è il gesto minimo di civiltà che un Paese democratico possa offrire alle vittime. Speriamo che accada altrettanto per Matteo. E questo è oggi, di fronte a tanta sofferenza, l’unico vero augurio che ci sentiamo di fargli.