Da Vinci, il paese di Leonardo, dove poco più di un mese fa ha portato “Pillole di me” a Certaldo, città natale di Boccaccio, dove giovedì sera alle 21 sarà in scena con il suo ultima lavoro “Lieto Fine”, uno spettacolo di comicità surreale basato su una bicicletta multifunzionale e sul suo pedalatore. Alessandro Benvenuti torna a recitare a Certaldo, chiamato dall'amico Luca Losi, per aprire la stagione 2024-2025. «Ringrazio il direttore artistico del Teatro Boccaccio, sempre attento ai miei sforzi drammaturgici – spiega Benvenuti –, che oltre a nutrire un rapporto di stima, è una persona che mi vuole veramente bene. Poi sono contento di tornare a Certaldo, un 'palco' a me sempre caro».
“Lieto fine” è l'ultimo spettacolo di una trilogia…
“Sì, esatto quella che io chiamo la trilogia del 'dinosauro ballerino', come mi vedo io sul palco. È un lavoro che chiude di fatto una vera e propria ricerca del linguaggio comico, forse il più difficile da immaginare e scrivere, ma che da uomo libero da schemi come mi ritengo mi ha portato del vero godimento nello scriverlo. Finora siamo andati in scena sei volte a Prato e una a Marina di Grosseto, dove i risultati sono stati incoraggianti, spero che anche a Certaldo il pubblico risponda nello stesso modo”.
Com'è nata questa trilogia?
“Io racconto delle cose che mi succedono, la Toscana che è dentro di me e come in “Benvenuti a casa Gori” ho descritto una famiglia del secolo scorso con “Un comico fatto di sangue”, “Panico ma rosa” e “Lieto fine” ho raccontato invece una famiglia dei giorni nostri, dei rapporti tra moglie e marito, quelli con i figli e con gli animali. Nella prima opera parlo degli anni dal 2000 al 2015, nella seconda affronto il periodo della Pandemia e con “Lieto fine” è come se tirassi un po' le conclusioni”.
E adesso, ci sono altri progetti che bollono in pentola?
“Assolutamente, vorrei lavorare sul personaggio di Emo che interpreto nella serie Tv “I Delitti del Barlume” perché sul piccolo schermo per esigenze della serie non è stato sviluppato come meriterebbe. Secondo me invece può diventare un personaggione toscano come lo è stato Gino Gori”.
Il tutto sempre con il suo stile comico…
“Sì assolutamente perché con tutto l'odio e la violenza che nel mondo odierno spengono i sogni di tante persone, in teatro è importante resistere. Purtroppo o per fortuna ogni volta che salgo sul palco è come se ricominciassi tutto da capo perché la cretineria dell'uomo non è migliorata negli anni. Continuiamo a fare le guerre, ad annientare pian piano il nostro pianeta cercando di convincere le persone che va tutto bene”.
A Certaldo, come in gran parte della Toscana, ci sono tante compagnie amatoriali, è un po' il polso della salute del teatro?
“Da quando sono direttore artistico ho sempre puntato sulla qualità dei gruppi locali, io stesso ho iniziato a quattordici anni come comico caratterista nel gruppo teatrale della parrocchia a Pelago, le compagnie amatoriali sono quelle che tengono in vita il teatro, purché ci sia l'umiltà di capire quanto si vale e si riconosca la bravura di chi invece lo fa di mestiere, cercando di far innamorare del teatro ogni volta che si esibisce”.
La scuola Toscana di comicità è stata ed è una delle più prolifiche, ma negli ultimi anni non manca forse un po' di rinnovamento?
“Che carino che sei (sorride ndr), ma ci sono io. Naturalmente sto scherzando, ma il rinnovamento viene dalla forza e dalla volontà di farlo. Nella mia vita ho imparato che non bisogna mai fermarsi, quindi sarebbe importante non rimanere ancorati ad un cliché, a discapito anche di un minor successo, ma assumersi la quantità di rischio di sperimentare sperando che il pubblico ti venga dietro”.
Un po' quello che ha fatto con “Lieto fine”…
“Sicuramente è uno spettacolo comico inusuale, che sorprende, in cui racconto un po' il punto in cui sono arrivato, una sorta di viaggio, un flusso di autocoscienza, anche un'autoanalisi. È un po' come se fossimo sulla poltrona di uno psicanalista, in cui si parla anche del rapporto dell'attore con il pubblico. Quindi, in fin dei conti, è come se si parlasse un po' di tutti noi”.