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Andrea ‘Zorro’ Zorzi insieme a Beatrice Visibelli si esibirà nello spettacolo «La leggenda del pallavolista volante» il 21 febbraio
Castelfiorentino, 14 febbraio 2018 - Dopo 150 repliche il palcoscenico gli è familiare come il parquet di un palazzetto. Andrea ‘Zorro’ Zorzi, una straordinaria carriera nella pallavolo alle spalle e un presente da giornalista e commentatore sportivo, si è ritrovato a vestire i panni dell’attore. Da sei anni, infatti, gira i teatri italiani con la pièce La leggenda del pallavolista volante, scritta e diretta da Nicola Zavagli. Con l’attrice Beatrice Visibelli, il due volte campione del mondo e tre volte campione europeo con l’indimenticabile Nazionale di Julio Velasco, ‘gioca’ sul proscenio raccontando la sua grande avventura in uno spettacolo in cui lo sport incontra il teatro e si fa metafora di vita.
Come nasce questa nuova fase della sua vita?
«Io e mia moglie, Giulia Staccioli, ex ginnasta che dello spettacolo cura le coreografie, andiamo da una vita in vacanza all’isola d’Elba. Lì abbiamo conosciuto Nicola Zavagli e Beatrice Visibelli. Chiacchierando uscì l’idea di raccontare la ‘generazione dei fenomeni’ in occasione di ‘Firenze capitale europea dello sport 2012’. Prima si pensò a una lettura teatrale poi ne nacque un testo che si ritenne valesse la pena di mettere in scena. Dopo la ‘prima’ al Teatro Rifredi, non ci siamo più fermati».
Oggi si sente più a suo agio sul palco o in campo?
«La differenza più grande tra il palcoscenico e il campo da gioco è che nella pallavolo, come in tutti gli sport, il risultato è chiaro: o si vince o si perde. A teatro lo spettacolo può andare bene o male, ma non c’è una risposta netta. E poi c’è il fattore pubblico. Nello sport non si gioca per gli spettatori, ma per provare a vincere. A teatro il pubblico è decisivo: al di là degli applausi, il momento magico è quando lo senti attento, in ascolto».
Che tipo di pubblico viene a vedere il suo spettacolo?
«La cosa che ho notato e che mi diverte molto è che il pubblico è sempre diviso a metà. Lo sportivo arriva scettico, pensando che davanti a uno spettacolo teatrale possa annoiarsi. L’amante del teatro, invece, è sospettoso e si chiede cosa ci faccia uno sportivo sul palco. Alla fine, però, riusciamo a mettere tutti d’accordo. Raccontando con semplicità una storia, quella della mia vita, rappresentiamo una storia universale, fatta di vittorie e sconfitte dolorose, dove ognuno può proiettare se stesso».
Qual è il complimento più bello ricevuto nei panni di attore?
«Me lo ha fatto una ragazzina dopo una replica a Firenze: ‘Ma tu sei davvero quel giocatore di pallavolo? Pensavo fossi un attore’. Detto così, spontaneamente, è stato bellissimo».