ELISA CAPOBIANCO
Cosa Fare

Iannacone, il grande ’Raccontatore’: "Darò voce alle storie degli ultimi"

Il suo programma televisivo “Che ci faccio qui“ diventa teatro: dal giornalismo alla riflessione più intima

Domenico Iannacone sarà a Empoli giovedì 18 luglio per Giallo Mare Minimal Teatro

Domenico Iannacone sarà a Empoli giovedì 18 luglio per Giallo Mare Minimal Teatro

Empoli, 16 luglio 2024 – Sono voci che si perdono, inghiottite dal marasma globale governato dalla legge del più forte, sono voci che fa male ascoltare perché costringono a riflettere. E serve coraggio, tanto, a dare spazio a certe storie di fragilità ed emarginazione. Bisogna andare controcorrente. Domenico Iannacone c’è riuscito portandole prima su Rai 3 e adesso a teatro con “Che ci faccio qui - In scena“ giovedì 18 luglio alle 21.30 a Empoli al giardino del Torrione di Santa Brigida – con musiche live di Francesco Santalucia e le installazioni video di Raffaele Fiorella – per “Il paese dei raccontatori“, la rassegna curata da Giallo Mare Minimal Teatro (prevendite alla sede di Giallo Mare Minimal Teatro o sul sito Eventbrite).

Iannacone, può capitare a tutti di chiederselo almeno una volta: ’Che ci faccio qui’?

"Certo, anche a me. Lo spaesamento, il non sentirsi a posto è qualcosa che abbiamo provato tutti nella vita. Chiunque può trovarsi con questo dilemma addosso. Quindi il titolo è un titolo ampio che mi permette di attraversare ogni pezzo di umanità senza esclusione alcuna. Mi piaceva perché mi dava libertà, quando le cose mi danno libertà io le abbraccio, completamente. Mi rimanda all’amico Bruce Chatwin, un viaggiatore instancabile: chi viaggia attraversa il mondo, ne conosce le pieghe, lo può raccontare davvero".

E come sta questo mondo? In quale fase evolutiva o involutiva ci troviamo?

"Stiamo vivendo una fase storica e politica che va a ledere, a minare le certezze. È un tempo di grande dispersione di energie, di grande allontanamento gli uni dagli altri. Gli uomini sono diventati più egoisti, confinati e ciò li porta ad autoprecludersi la vita. Quindi diventa urgente uno sforzo di apertura, tornare a essere cittadini liberi nel pensiero. Rabbia, sfinimento, è come se la gente non credesse più a niente".

Perché non siamo più liberi?

"La paura, del mondo e degli altri. Temiamo che qualcuno ci possa rubare qualcosa e questo ci fa arretrare, alzare muri. Non c’è più confronto, il confronto è diventato una specie di spazio televisivo in cui si antepongono idee vuote, molto vuote, con giornalisti che raccontano da giornalisti il mondo, ma senza mai toccarlo, con una visione parziale delle cose".

Cosa serve adesso all’uomo, alla società? Quali le urgenze di questo momento storico?

"Dobbiamo contrastare l’incapacità di comprendere i bisogni di una moltitudine di persone. Esiste un problema sociale fortissimo, una drammatica disparità sociale che ostacola la pace. E poi incombe la questione ambientale che abbiamo ignorato a lungo. Le persone devono riacquisire capacità critica e il teatro può offrire uno spazio di contraddittorio e condivisione elevando l’offerta culturale".

Storie di migrazione, povertà, ingiustizie... quanto è difficile parlarne?

"Molto, le porto a teatro nel tentativo di riacquisizione della piazza, affinché i più deboli riprendano forza. Non c’è più la mediazione della Tv perché io sono sul palco e sono nudo insieme a loro. E il pubblico è vicino, entra nella vita degli altri e anche il dissenso è benaccetto se democratico. Il racconto della migrazione, ad esempio, non può essere parziale altrimenti diventa populismo, propaganda. È un problema che deve essere risolto politicamente, invece la politica non se ne occupa".

Ha fiducia nel futuro?

"Non credo molto nella politica, vedo piuttosto spinte dall’associazionismo. Non penso che le soluzioni ai problemi possano arrivare solo dallo Stato ché è troppo distratto, impegnato nelle sue battaglie di potere. Se la politica non agisce e tende a occultare è un obbligo morale denunciarlo. I giornalisti devono farlo, anche se in Italia l’informazione non è completamente libera. Nutro speranza invece nei giovani, che tanto bistrattiamo, perché hanno voglia di cambiare. Per loro il mondo non sarà facile, portano il peso delle nostre scelte. Dovremmo aiutarli a vedere un futuro meno scuro".

E quanto al suo avvenire?

"Il teatro mi rende libero perché ha tempi e modi diversi, meno rigidi rispetto al piccolo schermo dove non è stato banale inserire un simile format narrativo. Il futuro? Dopo due anni di congelamento in Tv e le ultime tre puntate che hanno riscosso grande successo, sto ancora aspettando di incontrare i vertici Rai...".