IRENE PUCCIONI
Cronaca

“Aggredita due volte in reparto”. Empoli, la testimonianza choc di una Oss

Elvira Cecere lavora in Psichiatria al San Giuseppe: “Siamo sempre sottoposti a rischi molto elevati”

La corsia di un ospedale dove gli operatori sanitari di alcuni reparti sono costretti a convivere con difficili condizioni lavorative (foto d’archivio)

La corsia di un ospedale dove gli operatori sanitari di alcuni reparti sono costretti a convivere con difficili condizioni lavorative (foto d’archivio)

Empoli (Firenze), 21 settembre 2024 – Il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (Spdc) non è un reparto come tutti gli altri. Aggressioni fisiche e minacce verbali sono diventati ormai all’ordine del giorno. I professionisti che lavorano nel delicato campo della salute mentale sanno bene che, nei reparti psichiatrici quello che li attende ogni giorno è uno dei compiti più delicati che esista nel nostro sistema sanitario. Ma la situazione si è decisamente aggravata a causa delle carenze presenti negli organici e nelle strutture ospedaliere. E se guardiamo ai casi degli ultimi mesi, ci rendiamo conto che paura e terrore, da parte in particolare di infermieri e operatori socio sanitari sono più che giustificati. Elvira Cecere, 51 anni, Oss dal 2001 lavora al San Giuseppe in Spdc dal 2020. È anche delegata Funzione pubblica Cgil e conosce i problemi della sua professione da tutti i punti di vista.

“Lavorare in un reparto con pazienti psichiatrici non è semplice – spiega – Già la loro patologia li porta ad essere molto instabili, se poi si aggiunge che alcuni di loro possono avere anche delle dipendente da alcol o da altre sostanze, il mix è esplosivo. La difficoltà di noi operatori è quando i pazienti sono nella loro fase acuta. In quel momento possono essere molto aggressivi. Basta che uno di loro sia particolarmente agitato, che si innesca una sorta di reazione a catena che fa esplodere l’intero reparto. Da un minuto all’altro può cambiare completamente la situazione: si può passare da una fase di assoluta tranquillità al caos totale”.

Elvira Cecere è una professionista di lunga esperienza che sa come gestire le situazioni di tensione, tuttavia si è ritrova un paio di volta lei stessa vittima di aggressioni. “Durante il turno di notte – racconta – una giovane paziente si avventò contro un’infermiera. La prese per i capelli e non la mollava. Io corsi in suo aiuto per cercare di liberarla e la paziente allora si buttò su di me tirandomi i capelli e piazzandomi anche un morso”. L’ultima aggressione risale a circa un mese fa. Finì anche sulle colonne de La Nazione. Fu di quel paziente che scatenò il pandemonio in Psichiatria aggredendo un’altra donna ricoverata e poi barricandosi in camera. “Io insieme ad altre colleghe – ricorda Cecere – riuscimmo a liberare la paziente in ostaggio per fortuna senza riportare conseguenze. Tuttavia furono momenti molto concitati”. Grazie anche all’intervento di una guardia giurata venne scongiurato il peggio. L’uomo riuscì comunque a scappare dal San Giuseppe nonostante i controlli e a raggiungere il Bar 4 Mori. Una “libertà“ durata per fortuna appena un paio d’ore prima che la polizia lo rintracciasse e lo riportasse in ospedale.

“Purtroppo siamo sempre sottoposti a rischi molto elevati – riprende l’operatrice socio sanitaria – Anche se nel nostro reparto il protocollo di sicurezza è molto più alto potremmo comunque essere colpiti da oggetti volanti. Quando i pazienti attraversano la loro fase acuta possono sollevare tranquillamente sedie, poltrone e addirittura letti e gettarli addosso al personale. Per non parlare delle aggressioni verbali. Dai pazienti in reparto le possiamo anche accettare perché sappiamo che sono conseguenza di una patologia, ma non sono giustificabili però quando ci vengono rivolte dai familiari”. La conseguenza di tutto ciò? “Tante richieste di trasferimento. Molte infermiere – conclude amaramente Cecere – chiedono di lasciare il reparto ospedaliero per lavorare sul territorio”.