Empoli, 6 aprile 2018 - "L'ho aggredita con quel mazzuolo". La confessione di Alessio Martini, il 21enne di Montelupo in carcere a Sollicciano per l’aggressione nel parco dell’Ambrogiana di Roberta Giannotti, diventa un rebus. Già, perché su quel martello, ritrovato a pochi metri da punti in cui è stata ritrovata stordita la ragazza, non ci sarebbero tracce dei protagonisti. Per questo la procura, con il pm titolare dell’indagine, Alessandra Falcone, ha disposto un ulteriore accertamento su quella che, a detta di Martini, sarebbe l’arma usata dall’aggressione.
Per la verità, quel mazzuolo era subito balzato agli occhi degli inquirenti: uno strumento insolito, per di più rivenuto in prossimità del luogo in cui, la mattina del 14 ottobre dell’anno scorso, è stata trovata la ragazza (all’epoca minorenne) in stato d’incoscienza. Ma quell’oggetto, benché molto sospetto, era stato inizialmente escluso proprio per l’assenza di sangue o materiale biologico. Martini l’ha ripulito?
Resta da capire anche quale sia stato il movente: probabilmente la rapina, ma lo smartphone della ragazza alla fine non è stato rubato ed è stato lo stesso Martini ad indicare ai poliziotti il punto in cui lo aveva gettato. La procura, guidata da Giuseppe Creazzo, ha disposto ulteriori esami sull’arma anche per mettersi al riparo da eventuali sorprese più avanti. Non cambia, infatti, l’atteggiamento dell’accusa che, al termine di questo ulteriore accertamento, procederà con la richiesta di rinvio a giudizio. Prima ancora delle sue ammissioni, contro il 21enne di Montelupo c’erano già elementi schiaccianti.
Il Dna, isolato sotto le ascelle della felpa indossata dalla ragazza, è quello di Martini (carpito all’indagato con un mozzicone di sigaretta e una tazzina in cui ci aveva bevuto un caffè) e, secondo gli inquirenti, ce lo ha lasciato mentre ha trascinato la giovane vittima subito dopo averla tramortita con un colpo in testa che poteva ammazzare: per questo deve rispondere di tentato omicidio.