Empolese Valdelsa, 12 giugno 2022 - Si salva chi ha puntato su qualità e diversità. I panificatori che hanno sempre lavorato con materie prime provenienti da Paesi coinvolti direttamente e indirettamente con la guerra in corso, Ucraina, Russia e Polonia, sono in grossa difficoltà a causa del prezzo della farina di grano tenero schizzato alle stelle. Da 37 auro al quintale di poco meno di un anno fa si è arrivati agli attuali 69, con un aumento percentuale globale dell’86%. Di conseguenza è ‘lievitato’ il prezzo del prodotto finale. Non tutti i produttori, però, sono stati costretti ad applicare ritocchi ai listini. E’ il caso di Luca Pedrini, fondatore e titolare di "A Terra". La materia prima che viene lavorata e trasformata nella bottega-laboratorio di Gambassi Terme è tutta locale. In circa trenta ettari di terreno, a rotazione triennale, semina grano duro, favino e ceci.
"Lavorando il mio prodotto non ho risentito dell’aumento del costo della materia prima – spiega – Di conseguenza i prezzi dei miei prodotti, dal pane alla pasta ai prodotti da forno, sono rimasti invariati. Quello che però sto subendo, e che anche con una produzione a chilometro zero non si può evitare, è il rincaro di tutto il resto: dall’energia elettrica alla carta per il confezionamento. Ad ogni modo – conclude Pedrini – aver puntato fin dall’inizio su un prodotto di qualità, 100% biologico e locale, per quanto mi riguarda ha portato solo vantaggi. Il cliente è disposto a pagare un prezzo maggiore perché sa cosa mette in tavola". Sull’altra collina, a Montespertoli, c’è lo storico molino Paciscopi, che fa parte dell’associazione Grani antichi di Montespertoli. "Con il caro-grano – spiega Gianni Paciscopi – anche noi dobbiamo farci i conti, ma i contraccolpi sono inferiori rispetto ad altri molini, perché lavoriamo principalmente i grani locali e non abbiamo problemi di approvvigionamento".
Il prezzo della materia prima sulla filiera dei grani antichi non ha subito ritocchi, perché viene stabilito a inizio anno con gli agricoltori. Di conseguenza il consumatore continua a pagare la stessa cifra per il prodotto finale. Altro discorso per la filiera del grano tenero. "Qui il prezzo lo fa il mercato – riprende Paciscopi – Essendo raddoppiato il costo al quintale anche le farine hanno inevitabilmente subito un aumento, passando da 40 a 64 euro al quintale". Per l’esperto mugnaio la ricetta contro "la bolla speculativa dei mercati" è puntare sulla filiera corta. "In Valdelsa abbiamo produttori, molini e fornai. Basterebbe fare rete e creare una filiera anche sui grani ‘normali’ come abbiamo fatto per quelli antichi. Purtroppo, a frenare il progetto sono i forni, che continuano a credere che sia economicamente più vantaggioso approvvigionarsi da produttori non italiani. Forse lo era prima, ma adesso le cose sono cambiate".
A non essere invece convinto che puntare sulla produzione locale possa essere la soluzione in un mercato globalizzato è Carlo Guiducci (nella foto a destra) , imprenditore agricolo valdelsano. Anche lui ha aderito alla filiera dei grani antichi di Montespertoli. "La nostra zona, e la Toscana in generale – spiega – non sono territori vocati alla produzione di grano. Per questo tipo di prodotto servono grandi pianure, che sono invece presenti in quelli che sono sempre stati i granai del pianeta: Ucraina, Russia e Polonia, dove un ettaro di terreno può dare anche 80 quintali di grano. Anche se i costi per il trasporto sono aumentati la grande quantità di produzione permette a questi Paesi di essere sempre più competitivi di noi sul prezzo del grano".