LUDOVICA CRISCITIELLO
Cronaca

"Noi camerieri costretti a una vita da sfruttati. Contratti fuori regola, stipendi miseri"

La risposta di una lavoratrice ai ristoratori: "Manca personale? Non è solo il Covid. La colpa è delle condizioni a cui siamo sottoposti"

Un cameriere

Empoli, 6 giugno 2021 - Lo hanno urlato a gran voce nei giorni scorsi i ristoratori: "Il maggiore ostacolo per noi in questa fase di ripartenza è la mancanza di professionisti, in modo particolare camerieri, chef e barman". Il motivo, come hanno sostenuto, è legato all’incertezza delle riaperture avvenute a intermittenza che ha spinto molti lavoratori a cercare un altro impiego, o a preferire la sicurezza del reddito di cittadinanza.

"Non si trovano camerieri, ne mancano 150mila"

A dare un’altra risposta però è chi è dall’altra parte della barricata. L.C. è una cameriera che vive e lavora in un ristorante di Empoli. Ha 45 anni e questo lavoro lo fa da una vita. Le piace anche molto. "Mi diverto a farlo – spiega L. che preferisce restare anonima per non avere ripercussioni negative sul posto di lavoro – anche perchè mi permette di venire in contatto con tante persone. Il problema semmai è il contorno. Troppo spesso i camerieri e gli aiuto cuochi non sono assunti regolarmente. Siamo costretti ad accettare contratti a chiamata o brevi, quando ci va bene, altrimenti in molti casi siamo a nero. Io per esempio lavoro a chiamata e con questo tipo di contratto sono autorizzati a chiamarmi anche all’ultimo, oltre al fatto che pagano all’ora. Sai quanto vengo retribuita? Sessanta euro a giornata, inizio alle 16 e finisco alle 2 di notte. Fai un po’ il conto".

Chi non è il mestiere in effetti non ne ha idea. Siamo abituati a sederci a un tavolo, ordinare e anche a sbuffare se un cameriere sbaglia un’ordinazione o se ritarda. Un errore che, in molti casi, se fatto notare dal cliente rischia di creare non pochi problemi allo sventurato che ha servito a quel tavolo. La verità è che dietro ci sono ore e ore di lavoro in piedi, senza sosta, che va spesso oltre l’orario fissato ed è poco retribuito. "Stare in sala o in cucina è faticoso – continua L. – lavoriamo quando gli altri fanno festa, spesso non abbiamo neanche il tempo di consumare il nostro pasto. E si tratta di condizioni di lavoro che sono sempre esistite, non è che sono venute fuori con il Covid".

Situazioni che hanno spinto tanti, complice la pandemia, a riflettere e a costruire il proprio futuro lavorativo puntando su qualcos’altro. "Mi sembra ovvio che soprattutto i giovani abbiano fatto questo ragionamento. Mi rivolgo quindi ai ristoratori per dire che dovrebbero tenersi stretto chi vale. Questo lavoro è bellissimo, ma lo sfruttamento a cui siamo sottoposti, per colpa anche delle leggi che non ci tutelano, non permette di coglierne gli aspetti positivi". Quello di cameriere viene vissuto come un lavoro di passaggio, in attesa di qualcosa di meglio, "perchè è impensabile costruire delle basi solide di vita con un contratto a chiamata. C’è chi però lo fa da anni, e vuole essere considerato un professionista al pari di altri. Invito quindi i sindacati a fare qualcosa di più concreto per questa categoria e i ristoratori a fare autocritica. Invito anche noi, per quanto sia possibile, a non accettare sempre tutto e a non dire sempre sì perche cosi facendo si alimenta un circolo vizioso. Altrimenti situazioni come questa si ripeteranno e saranno i titolari a essere costretti come in questo caso a ’rimettersi in pista’ e ad andare a servire i tavoli".