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La famiglia Castellani (Foto Tommaso Gasperini/Fotocronache Germogli)
Empoli (Firenze), 2 marzo 2025 – Nel gennaio del 2024, l’ennesimo schiaffo alla Memoria con la richiesta di aspettare ancora, come se 80 anni passati tra il dolore e il ricordo dell’inferno vissuto non fossero stati abbastanza. L’udienza rinviata, lo scorso anno, al 2025 continua a slittare. Nulla è certo per la famiglia Castellani, la speranza di ottenere giustizia, flebile. Così come per tanti altri ricorrenti dell’Empolese Valdelsa (solo a Montelupo Fiorentino si parla di venticinque famiglie, per alcune delle quali si è svolta la prima udienza proprio un anno fa, rimandata anche quella), potrebbero essere mesi decisivi, questi, per Franco Castellani, figlio del giocatore simbolo dell’Empoli, Carlo Castellani, deportato assieme ad altri venti concittadini di Montelupo nella notte tra il 7 e l’8 marzo 1944 dai nazisti che cercavano il padre David, convinto antifascista.
A dicembre 2023, il primo appuntamento in tribunale, durato “giusto due minuti” come si trattasse di una causa civile qualsiasi e non di ristori destinati a chi ha subito un danno causato da crimini contro l’umanità.
“Sono già passati due anni e mezzo da quando abbiamo intrapreso questa battaglia legale – si sfoga Carla Castellani, nipote dell’indimenticato bomber azzurro a cui sono dedicati gli stadi di Empoli e Montelupo Fiorentino, figlia di Franco –. Viviamo ancora nell’attesa, l’udienza è già stata rimandata due volte. L’ultima avrebbe dovuto tenersi a febbraio e invece il giudice ci ha indicato un’altra data ancora; se ne riparla ad aprile. È un’attesa assurda, estenuante, con l’Avvocatura di Stato che ci ostacola continuamente”.
Ha compiuto 87 anni il 22 gennaio, Franco Castellani, e ieri, instancabile, era seduto tra le prime file nella Sala delle Adunanze della Misericordia di Empoli. Continua ad andare nelle scuole a incontrare i ragazzi, a tener viva la Memoria, finché il tempo sarà dalla sua parte. “Mia zia, Carla, se ne è andata nel 2023 – prosegue la figlia di Franco, che porta orgogliosamente il nome della zia –. Bisogna stringere i tempi. O vogliamo aspettare che i parenti delle vittime delle stragi nazifasciste siano tutti morti? Una risposta, seppur simbolica, va data”.
Aveva sei anni, Franco, quando suo padre fu deportato nel campo di concentramento di Gusen. Gli fu strappato dalle braccia l’affetto più caro, sulla soglia di quella casa dove oggi brilla una pietra d’inciampo in ottone. Dall’abitazione di piazza San Rocco a Fibbiana, dove Franco vive tutt’ora, 80 anni fa suo padre Carlo fu chiamato e con l’inganno portato via. “La nostra famiglia – ricorda, ancora, Carla Castellani al termine dell’incontro con il senatore Dario Parrini – è stata privata di una figura paterna, e non c’è mai stato restituito nulla indietro. Non è questione di soldi ma di umanità”.
La stima del risarcimento per i Castellani dovrebbe ammontare a 500mila euro circa. “E se mai quei soldi dovessero arrivare, una cosa è certa. Saranno destinati all’esercizio di Memoria per le giovani generazioni. Ci piacerebbe mettere questa somma a disposizione dei giovani, per la ricerca. Nelle scuole oggi qualcosa viene fatto, laddove ci sia la collaborazione di assessori virtuosi o insegnanti interessati. Ma non basta. Il rischio è che si dimentichi e non ce lo possiamo permettere”.
Ylenia Cecchetti