IRENE PUCCIONI
Cronaca

Crollo di Firenze, il medico tra le macerie: "Ho individuato io le prime due vittime"

Il dottor Coppa è stato tra i primi ad entrare nel cantiere Esselunga. Fa parte del team Usar che viene attivato nelle maxiemergenze: "Gli operai sopravvissuti avevano gli sguardi atterriti"

Il team Usar nel cantiere Esselunga

Il team Usar nel cantiere Esselunga

Empoli (Firenze), 24 febbraio 2024 – Quando il telefono ha squillato e sul display ha visto il numero del Crm, Coordinamento regionale per le maxiemergenze, ha capito subito che di lì ha poco sarebbe dovuto partire. Riavvolge il nastro il dottor Alessandro Coppa, 39 anni, medico del 118 empolese e componente del team Usar (Urban search and rescue).

Torna con la mente alla mattina di venerdì 16 febbraio, quando poco prima delle 9 una trave di cemento, lunga 20 metri e pesante 15 tonnellate, crolla e trascina con sé tre piani di quello che era lo scheletro dell’edificio in costruzione, il supermercato Esselunga di via Mariti a Firenze. Coppa è stato il primo medico attivato sul cantiere e colui che ha accertato le prime due vittime delle cinque totali (oltre a tre feriti).

Dottore cosa si ricorda di quella mattina?

"Mi ricordo la chiamata del Crm, le prime informazioni sull’evento, la necessità di partire immediatamente. Quando viene attivato il team Usar medium dei vigili del fuoco a cascata viene attivata anche la squadra speciale di sanitari composta da personale delle centrali operative del 118 che hanno una formazione e una preparazione specifiche per operare nelle grandi emergenze".

Arrivato sul posto cosa si è trovato davanti?

"Una situazione particolarmente complessa. Sono rimasto molto colpito perché era successo nella mia città natale. Il team Usar è nato per intervenire nelle maxiemergenze regionali, ma la mia prima missione è stata all’estero, nel terremoto in Turchia un anno fa: un altro scenario, un numero di vittime e feriti nettamente superiori. Ma se un sisma è un evento imprevedibile che non può essere evitato, un incidente su un cantiere ha dei rischi che possono essere calcolati e contenuti. Pensare che il lavoro possa essere causa di morte e distruzione è un aspetto che induce ad una profonda riflessione".

Chi c’era sul cantiere quando è arrivato dopo il crollo della trave?

"Gli altri operai che stavano lavorando alla realizzazione dell’opera. Avevano gli sguardi atterriti. Erano tutti in attesa nella speranza che qualcuno venisse estratto vivo. Erano colleghi delle vittime e qualcuno aveva anche legami di parentela. Più passavano le ore più nei loro occhi si vedeva scemare la speranza. Purtroppo in un crollo del genere la probabilità che qualcuno sopravviva è limitatissima. Quando viene giù un palazzo c’è la possibilità che si vengano a creare delle nicchie, dei piccoli spazi, dove una persona può rimanere protetta; ma nel caso di un cantiere dove non ci sono ancora strutture complete chi è sotto viene completamente travolto e schiacciato".

Le ricerche come si sono svolte?

"Con molta difficoltà. I vigili del fuoco aprivano i varchi, scavavano tra le macerie. Le prime due vittime le ho accertate io. Erano avvolte dal cemento e ci sono volute ore prima che fossero estratte da là sotto. Sono stati i colleghi della notte a concludere gli accertamenti".

Come ci si muove dentro uno scenario del genere?

"Nella nostra squadra c’è una figura che ha una formazione ingegneristica e che valuta i potenziali rischi sui vari scenari in cui andiamo ad operare. All’ingresso del cantiere venivamo tutti registrati per sapere chi c’è all’interno. Poteva sembrare una procedura macchinosa, ma era fondamentale perché nel caso di altri crolli chi era fuori sapeva chi non era ancora uscito. Ad ogni modo si cercava di far stare all’interno il minor numero possibile di persone".

Quali altre attività operative ha svolto l’Usar nel cantiere di Firenze?

"La stragrande maggioranza del lavoro lo hanno fatto i vigili del fuoco, la parte sanitaria in questo caso è stata più marginale. Il nostro compito è stato confermare la natura umana dei reperti ritrovati. Dopodiché abbiamo effettuato piccoli interventi di pronto soccorso, la maggior parte medicazioni in loco di ferite da taglio che i soccorritori si procuravano scavando o utilizzando strumenti per le operazioni di recupero".

Avete dato anche supporto ai colleghi e ai familiari delle vittime?

"Il primo giorno sì. Anche se non sarebbe prettamente l’attività della squadra Usar abbiamo comunque cercato di mitigare lo stato d’animo delle persone che si trovavano sul posto al momento del crollo".

Qual è stato il momento più difficile?

"Quando quasi fin da subito ci siamo resi conto che i margini di poter prestare soccorso a qualcuno erano ridotti al lumicino".

Dopo una settimana come si sentite fisicamente ed emotivamente?

"La stanchezza c’è: i nostri turni erano di 12 ore. Al momento le direi che sto bene, ma devo vedere fra un po’ di tempo, una volta superata tutta questa prima fase. Come fiorentino e cittadino adesso attenderò l’esito degli accertamenti. Spero che questo evento, nella sua tragicità, faccia in modo che fatti del genere non accadano più".

Adesso è tornato al suo lavoro ordinario?

"Sì, lavoro al 118 di Empoli e in pronto soccorso. Come Usar la formazione è costante. In quello che definiamo ’tempo di pace’ continuiamo ad allenarci e a prepararci per essere subito operativi. Nell’arco di un anno siamo stati attivati tre volte: in Turchia, nel crollo di una palazzina a Montecarlo di Lucca e nel recente fatto di Firenze. Noi siamo sempre pronti a partire".