REDAZIONE EMPOLI

Da Zelig al Boccaccio "Vi farò ridere e riflettere"

Antonio Ornano martedì prossimo sul palco: "L’umorismo è come la cucina. Racconterò i miei idoli musicali mettendone in evidenza tutte le fragilità"

CERTALDO

Il suo personaggio di punta è il professor Ornano, che lo ha reso noto al grande pubblico come uno dei volti più istrionici di Zelig. Indimenticabili le incursioni comiche a “Quelli che il calcio“. Antonio Ornano sale sul palco del teatro Boccaccio martedì 15 per portare in scena ”L’Ornano Furioso”.

È la sua prima volta a Certaldo?

"Sì, ed il pubblico toscano è esigente almeno quanto quello ligure. Intendiamoci, i toscani sono meno antipatici di noi genovesi. Sarà una sfida interessante".

Cosa porterà nel suo spettacolo?

"Avevo inizato a scriverlo a gennaio del 2019, la genesi è lunga. Saltato il debutto previsto per marzo 2020 causa pandemia, la percezione delle cose è cambiata. Ogni spettacolo è la fotografia di un momento della vita portato in scena in chiave comica. Parlo della mia visione del mondo, è la somma di una serie di esperienze fatte in questi due anni tra lockdown, momenti di riapertura, scoperte musicali".

Quanto è furioso Ornano nella vita di tutti i giorni?

"L’esigenza di sfogo creativo mi ha placato, almeno durante il lockdown. Nello spettacolo racconto i miei idoli musicali mettendone in evidenza la fragilità nel quotidiano. Vedere che anche David Bowie è stato imperfetto lo rende più vicino... E la rabbia sì, ci contraddistingue tutti. Ho scoperto che l’unico responsabile di questa furia sono io. Non è mai colpa degli altri. Bisogna accettarla ed imparare a gestirla".

Si parla del presente, un tempo che la pandemia ci ha insegnato a vivere; che rapporto ha con il qui e ora?

"Continuiamo ad vivere in un tempo sospeso, siamo obbligati a stare nel presente, pensare nel lungo o medio termine, è sempre più difficile. Abbiamo un occhio più critico rispetto a quello che siamo ora. L’obiettivo è adesso, ed è quello che cerco di fare nei miei spettacoli. Essere presente nel momento, improvvisare. Tutto può succedere. La cosa bella di fare il comico è sviluppare quelle antenne che ti fanno captare l’umore delle persone...ed agire di conseguenza, sul momento".

Quant’è difficile fare comicità?

"Far ridere è un’arte complessa. L’umorismo è come la cucina; ognuno ha un senso proprio, ci sono piatti più o meno universalmente apprezzati, altri che piacciono solo ad un tipo di fruitore. Quando scrivo, cerco di portare in scena riflessioni che fanno ridere me. Per essere onesto, sempre".

E cosa la fa ridere?

"Il mettersi a nudo, anche con difficoltà. Tirare fuori dei pensieri che ho il privilegio di condividere con il pubblico, pensieri che appartengono a molti ma che non si ha il coraggio di esternare. Squarciare l’ipocrisia, la retorica, scherzare sulle fragilità".

Nel 2021 è tornato sul palco di Zelig, che effetto le ha fatto?

"Sono molto legato a quella trasmissionem a cui devo tutto. Mi ha insegnato un linguaggio diverso. È stata un’esperienza faticosissima, che provoca una grande ansia da prestazione, ma che regala le gioie artistiche più potenti mai assaporate". C’è un attore che per lei è stato fonte di ispirazione?

"Se di stand up comedy si parla, senza dubbio Robin Williams. Per restare ’in casa’ direi Paolo Migone, vorrei essere come lui. Ci piace far ridere attraverso le immagini che cerchiamo di creare con le parole. Ma lui in questo è il maestro assoluto".

Se non avesse fatto il comico…?

"Il professore di letteratura. Non per il piacere di insegnare ma di condividere. Oppure lo psicologo. O forse no".

Ylenia Cecchetti