REDAZIONE EMPOLI

Dal Covid alla guerra, cresce l’ansia sociale

I più colpiti sono i giovani adulti e gli adolescenti: triplicati i casi che devono ricorrere allo psicologo. Intervista al dottor Cristian Di Gesto

Ansia e paura. Prima dal secondo lockdown ad oggi. Ora, anche per quelle che potrebbe essere l’evolversi della guerra in Ucraina che ha gettato ombre sinistre sul futuro a breve e medio termine. Ma, appunto, prima di tutto è stato il Covid ad aggredire gli equilibri psicofisici: ansia sociale, affaticamenti e alterazioni dell’umore, difficoltà nel sonno che si riallacciano alla capacità di adattamento a un evento della realtà con il quale siamo stati costretti a convivere. I dati parlano chiaro: con una forbice che varia dal 15 al 30 per cento sono stati i giovani adulti i più colpiti; tra il 9 ed il 13 per cento è la fascia di adolescenti che è dovuta ricorrere allo psicologo.Ne parliamo con il dottor Cristian Di Gesto, psicologo membro del Centro di Eccellenza per i Disturbi D’Ansia Sociale , dottore di ricerca, docente all’università di Firenze, con studio in Empoli, esperto nel trattamento dei disturbi d’ansia e dell’umore.

Dottore, l’affluenza di utenti negli studi a ha avuto aumenti sensibili in questi due anni?

"Decisamente sì. Un aumento significativo di pazienti giovani".

Qual è stato il momento più critico?

"L’ansia sociale scatenata dal secondo lockdown: i crescenti livelli di stress hanno acuito i timori del giudizio negativo da parte degli altri".

Le cause?

"Il ritiro sociale forzato, la vita filtrata obbligatoriamente dai dispositivi elettronici hanno scatenato sindromi depressive e ostilità nel ritorno alla socialità".

I giovani, dunque, i più colpiti...

"Sostanzialmente sì. Specie i ragazzi in età dello sviluppo, che sono stati colpiti nelle loro aspettative nel momento in cui si sono trovati con la vita schermata da un computer o uno smartphone dovendo gestire, con questi dispositivi, sia la socializzazione in generale che la vita scolastica".

Chiusi in un rifugio, la difficoltà è stata dunque farli uscire?

"Proprio così. Quelli colpiti da ansie e paura si sono chiusi in se stessi evitando il ritorno alla socializzazione. Noi abbiamo dovuto fare in modo che evitassero di evitare".

La guerra si è abbattuta come un ciclone quando ci siamo sentiti incamminati verso la vita d’uscita dal Covid. Può aggravare la situazione?

"All’ansia sociale si aggiunge quella di pensieri catastrofici. Cosa accadrà a me o alla mia famiglia? Che ne sarà del mio futuro? Non c’è da meravigliarsi se tendiamo a reagire con ansia e paura a scenari incerti, è come fare una tempesta in un bicchiere d’acqua".

A che punto siamo?

"È chiaro, le terapie per il disturbo di ansia sociale sono in corso. Il Covid ha causato effetti a scoppio ritardato che toccano tanti campi, dall’ansia per lo stato di salute, con preoccupazioni eccessive e relativo stress alla “paranoia” da vaccino scatenata da fake news e diffidenze".

I pazienti sono dovuti ricorrere alle cure farmacologiche e quindi inviati anche all’attenzione dello psichiatra?

"In alcuni casi, sì; in altri, è stato sufficiente un percorso psicologico. A volte la via d’uscita è in pochi mesi. Abbiamo messo a punto anche un manuale di auto aiuto che ha dato risposte positive".

Carlo Baroni