Che all’interno dello stabilimento i nervi fossero tesi lo si sapeva da una decina di anni. Nel 2015 i primi scioperi, una crisi, quella della Navico Rbu Italia Srl (settore meccanico) che aveva portato nell’autunno di 10 anni fa a tagliare due posti su 39 addetti. Due licenziamenti dovuti al rifiuto dei due lavoratori in questione di trasferirsi ad Auckland, in Nuova Zelanda. Sembrava una battuta, ma la proposta era seria e lì sono cominciati i problemi. Ora le sorti dell’azienda di Montagnana, a Montespertoli, sembrano segnate. Chiusi i cancelli e tutti a casa i 27 dipendenti: la multinazionale norvegese fa i bagagli per trasferirsi in Messico. Ed è un fulmine a ciel sereno, giurano, dal sindacato. Le ultime mobilitazioni infatti, risalirebbero proprio alla crisi tra il 2015 e il 2016. Nulla avrebbe lasciato intendere una decisione così drastica.
"Dopo nove mesi di incontri infruttuosi, nei quali l’azienda si è sistematicamente rifiutata di esplicitare le sue intenzioni, la risposta è arrivata - danno conferma da Fiom Cgil Firenze-Prato-Pistoia - Abbiamo ricevuto, tramite Confindustria, la procedura di licenziamento collettivo per i 27 lavoratori, motivata da una scelta del Gruppo Navico di ridurre i costi attraverso la razionalizzazione dell’attività dei siti produttivi". Nove mesi di silenzio, "nei quali - specifica il segretario Fiom Stefano Angelini - non ci è stato possibile, come si fa di rito, avere risposte sulle volontà aziendali, sugli investimenti fatti e sugli obiettivi che generalmente ci si dà a inizio anno". Segnali di sofferenza l’azienda ne aveva lanciati non rispondendo alle sollecitazioni dei lavoratori, tanto che ben prima della notizia dei licenziamenti, il sindacato aveva chiesto un incontro all’Unità di Crisi della Regione. "Incontro a cui parteciperemo alle 14 di oggi a Firenze, ma con un oggetto di discussione diverso. Ora c’è ben altro di cui parlare, una procedura di mobilità collettiva per 27 persone". Persone che, appresa la volontà aziendale di smantellare lo stabilimento valdelsano per spostare l’attività oltreoceano, sono scese subito in sciopero. Davanti ai cancelli campeggia il manifesto, il presidio c’è e non si abbassa la testa. Stando al nuovo disegno - così sembrerebbe spiegare la lettera inviata all’Rsu- il Gruppo di caratura internazionale, con questa mossa, proverebbe a riorganizzarsi chiudendo 8 stabilimenti produttivi su 11, incluso quello di Montagnana, l’unico in Italia. Un’azienda che ha livelli di innovazione tecnologica di rilievo assoluto, occupandosi di apparecchiatura sofisticate destinate ad imbarcazioni civili. Un’azienda fatta di professionalità di alto profilo, sul territorio da oltre 40 anni e specializzata nella fabbricazione di strumenti per la navigazione. Un gioiellino dei radar, insomma, destinato a naufragare se davvero la produzione dovesse interrompersi. Si tratta di una presenza storica a Montespertoli, fabbrica sin dagli anni ’70, passata varie volte di mano in mano: prima come Sma, poi Selesmar, Selesmar Consilium (multinazionale svedese) e infine, dal 2013, Navico, altra multinazionale, ma norvegese. Già nel 2016, nel pieno dello stato di agitazione, l’azienda, convocato il terzo incontro dell’Unità di crisi sulla vertenza, si presentò al tavolo sprovvista di un piano industriale. Un passaggio andato a vuoto che però non segnò il punto definitivo. Arrivato a sorpresa ieri, ovvero 9 anni dopo.
Ylenia Cecchetti