Per quasi 40 anni in ogni famiglia empolese c’è sempre stato almeno un componente impegnato nell’ambito della moda. Empoli era insomma la città delle confezioni di impermeabili e cappotti, dove le donne lavoravano fino al venerdì e il sabato andavano a spendere i loro risparmi. Nella seconda metà del Novecento lavorare in una confezione a Empoli era un fatto molto comune oltre che rinomato: si trattava di un lavoro sicuro, ben pagato e pieno di soddisfazioni. Il nonno di una nostra compagna di classe, come molti della sua generazione, ha lavorato per circa 30 anni in una di queste confezioni. Lui ci ha detto che ci operavano moltissime persone e che ognuno aveva un compito specifico. C’erano per esempio gli stilisti che disegnavano i modelli dei capi, quindi i modellisti che sviluppavano i modelli nelle varie taglie, poi i sarti che tagliavano la stoffa e chi la cuciva, per lo più donne che lavoravano insieme in una modalità chiamata “catena”,dove ognuna cuciva sempre a ripetizione un solo “pezzo”: la tasca o le maniche,ecc, per velocizzare i tempi di lavorazione. . Una volta cucito, il capo passava sotto le grinfie di chi “controllava” se c’era qualche imperfezione,allora il capo d’abbigliamento passava in magazzino dove veniva imballato e spedito, per arrivare finalmente nei negozi. Le confezioni importanti erano tante e tanti erano i rappresentanti che venivano a Empoli. Il prodotto finale veniva poi mandato alle grandi catene di negozi italiane e anche straniere. Oggi per fortuna non tutte sono chiuse e qualcuna continua a lavorare ottenendo anche grandi risultati. Certo hanno dovuto reinventarsi in base alle nuove esigenze e le richieste della società attuale. Qualcuna si è salvata cambiando la propria produzione, per esempio passando dal trench all’abbigliamento militare o ad altro, ma sempre mantenendo la qualità di un tempo.
CronacaEmpoli, il tessile e il mondo del fashion Siamo ancora il regno delle confezioni?