REDAZIONE EMPOLI

Empoli ricorda Gaetano Comunale: una pietra di inciampo per non dimenticare

A Empoli, una pietra di inciampo commemora Gaetano Comunale, vittima di Mauthausen, per mantenere viva la memoria.

A Empoli, una pietra di inciampo commemora Gaetano Comunale, vittima di Mauthausen, per mantenere viva la memoria.

A Empoli, una pietra di inciampo commemora Gaetano Comunale, vittima di Mauthausen, per mantenere viva la memoria.

EMPOLIArrivò al campo di concentramento di Mauthausen l’11 marzo 1944. Numero di matricola 57074. Lì morì nell’aprile del 45 a 44 anni lasciando la moglie di 33 anni e tre figli di 4, 13 e 14 anni. Solo il 12 dicembre 1949, 75 anni fa esatti, alla famiglia giungeva la comunicazione ufficiale della morte del loro caro. Non c’è da chiedersi chi fosse Gaetano Comunale, Empoli lo sa bene e lo celebra ogni anno. Lo ha fatto nel 2022 dedicando a quest’uomo – originario del casertano ma residente in città dove lavorava alla ex Taddei come maestro vetraio – una pietra di inciampo. Una placca per non dimenticare, indelebile all’altezza del civico 110 di via Chiarugi, dove nel 1944 abitava con la madre e i fratelli anche Carmela Comunale, la figlia più piccola.

Non ha perso occasione parlando ai giovani delle scuole, Carmela, per ripercorrere quell’8 marzo di 80 anni fa. Aveva quattro anni e mezzo quando suo padre fu portato via. "Abbiamo avuto solo un suo biglietto spedito da una signora che lo aveva trovato lungo la ferrovia – ricordava la figlia, oggi 85enne, durante la cerimonia per la posa della pietra d’inciampo –. Erano buoni per la mensa dove aveva scritto: cara moglie mi portano in Germania, saluti a te e ai bambini. Baci, Gaetano Comunale. Quanta attesa, dopo. Da quel giorno se il campanello suonava speravo fosse lui".

Non lo sapeva, la famiglia Comunale, ma Gaetano quella notte fu messo su un vagone bestiame insieme a un centinaio di altri sventurati. E dal binario 6 di Santa Maria Novella partì sul ’Firenze - n. 32’, per Mauthausen.

"La famiglia sin dall’arresto del capofamiglia – è messo nero su bianco nella sentenza – precipitò in una difficile situazione economica. Veniva meno l’unica fonte di sostentamento. I figli più grandi furono costretti a interrompere gli studi e nel dopoguerra iniziarono a lavorare in vetreria e in confezione. La vedova sola con tre figli a carico dovette impegnarsi di giorno e di notte come impagliatrice di fiaschi con retribuzione a cottimo. La più piccola, alle scuole elementari la mattina, aiutava la madre nel pomeriggio. Riuscirà a conseguire la licenza elementare, ma non potendo proseguire gli studi, inizierà a lavorare come operaia per contribuire al sostentamento della famiglia".

Una famiglia che da quella maledetta giornata di 80 anni fa non si è più riunita. Ma che almeno ora potrà avere giustizia.

Ylenia Cecchetti