CARLO BARONI
Cronaca

Furti a raffica nelle case Condannata la banda Pene mandate definitive dalla Corte di Cassazione

Colpi anche a Empoli e un episodio di ricettazione di monili in oro

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Furti a raffica nelle case Condannata la banda Pene mandate definitive dalla Corte di Cassazione

di Carlo Baroni

Pene da due anni fino oltre i quattro anni di reclusione. E multe anche da mille euro. Al centro del processo ci sono plurimi furti in abitazione aggravati o di ricettazione. Una storia di dodici anni fa è arrivata al capolinea della Corte di Cassazione che ha mandato definitivo il pronunciamento dei giudici di secondo grado. Colpi avvenuti anche fuori dalla Toscana - si legge - come a Ferrara il 18 ottobre 2011. Ma anche a Empoli il 19 e 21 ottobre 2011 e a Grosseto sempre nell’ottobre del 2011; poi a Livorno, nel successivo mese di novembre. Colpi avvenuti anche Bari, il 2 e 3 novembre dello stesso anno.

Sempre a Empoli, ma in questo caso siamo nel mese di giugno del 2011, è contestato anche un episodio di ricettazione quando uno dei soggetti rimasti incagliati nell’inchiesta venne trovato in possesso di monili ritenuti provento di furto. Alla base del copione accusatorio c’è un ampio lavoro investigativo, con al centro le intercettazioni telefoniche. Le stesse di cui la difesa degli imputati - nel ricorso - lamenta l’inutilizzabilità o la nullità in quanto riferibili a coimputati diversi da quelli che hanno presentato ricorso per Cassazione, "senza specificarne la rilevanza ai fini del giudizio di responsabilità" per i soggetti accusati nel processo. La Corte di appello di Firenze, ha parzialmente riformato la pronuncia di condanna emessa nel 2016 dal tribunale nei confronti di Imedadze Aleks, Daraselia alias Damenia Irakli, Munnladze Micheil e Surannlishvili Lela, ritenuti unitamente ad altri coimputati non ricorrenti, responsabili a vario titolo di furto e ricettazione. Surannlishvili Lela è stata condannata solo per ricettazione alla pena di due anni di reclusione e 600 di multa. Per lei la Cassazione ha rinviato a nuovo giudizio limitatamente alla sospensione condizionale della pena confermando la penale responsabilità. Tra le doglianze manifestate dai difensori agli ermellini - si legge nella sentenza - anche il fatto che i giudici di merito si sono limitari a ritenere valida la perizia, "sebbene non si comprenda chi abbia effettivamente svolto l’attività di interprete nella traduzione delle telefonate intercettate". Lapidaria la Cassazione: la mancanza delle generalità dell’interprete "non è causa di inutilizzabilità dei risultati di tali operazioni".