
Il ‘carretto’ che accompagna Patrizia Perucca, qui sulle strade del Nepal, nel suo giro del mondo a piedi
Empoli, 7 aprile 2018 - Non è raro che, in un certo momento della vita, si senta il bisogno di partire, di lasciare tutto per dedicare un po’ di tempo a se stessi e alle proprie passioni. Questo in effetti è quello che ha fatto anche Patrizia Perucca il 29 maggio del 2016, la differenza è che lei non si è messa in viaggio con la valigia e un biglietto aereo alla scoperta di un nuovo paese. Patrizia è partita dall’Italia per fare il giro del mondo a piedi.
Patrizia come mai proprio il giro del mondo a piedi?
«Dire che amo viaggiare è scontato. Ma è proprio questo quello che mi ha spinta a intraprendere un’impresa simile. Penso a questo viaggio non solo come un percorso alla scoperta di popoli e culture completamente diverse dalla mia, ma anche come occasione per riscoprire me stessa».
C’è stato un momento in cui hai detto ‘basta ora mollo tutto e parto per realizzare il mio sogno’?
«E’ stato all’avvicinarsi del mio cinquantatreesimo compleanno. Ero da poco diventata nonna e da poco entrata in menopausa. In quel momento di grande cambiamento biologico, raggiunti molti degli obiettivi che mi ero prefissata, ho sentito il bisogno di soddisfare uno dei miei più grandi desideri. Sentivo il bisogno di entrare più in profondità in me stessa».
E quindi sei partita gambe in spalla alla scoperta del mondo, cosa hai portato con te?
«Tutte le mie cose stanno all’interno del mio trailer (carretto). Non ho molto con me, solo il minimo indispensabile: una tenda (che in questi anni mi farà da casa), bottiglie per l’acqua, due power bank, di cui uno ricaricabile tramite energia solare, qualche vestito, medicinali omeopatici, un sacco a pelo tecnico, un fornellino da campeggio, il mio e-book e poche altre cose. Le scarpe fortunatamente me le invia, passo passo, l’azienda Tre Zero».
E come gestisci la tua quotidianità?
«Ogni mattina mi sveglio, faccio gli esercizi di stretching da sdraiata e poi faccio colazione, leggendo il mio e-book. A una certa ora metto in ordine tutte le mie cose nel carretto, piego la tenda e parto. Quando ne ho l’opportunità mi fermo a un benzinaio per lavare le pentole che ho usato la sera prima e i vestiti. Mi gestisco in base ai bisogni del mio corpo. Se sento che devo fermarmi a riposare lo faccio. Se ho fame mangio».
Ormai il tuo viaggio dura da quasi un anno, te l’aspettavi così?
«Mi sono resa conto di aver riposto nelle persone molta meno fiducia di quella che si meritano. Mi sto accorgendo che gli esseri umani non sono cattivi come li dipingiamo. Quasi tutti quelli che mi vedono si fermano incuriositi a chiedermi se ho bisogno d’aiuto, mi fanno la spesa, mi offrono alloggio per la notte. Ho stretto tantissime nuove amicizie che spero dureranno nel tempo».
A quando il rientro?
«Non c’è una data precisa. Forse dovrò fermarmi a lavorare in qualche posto. Per adesso sono in perfetto orario sulla tabella di marcia, se tutto va come deve penso di tornare tra circa due anni».