I custodi della nostra storia. Gli ultimi partigiani parlano alle nuove generazioni tra ricordi e aneddoti

Mario Frosini, 94 anni, presidente dell’Anpi di Montelupo Fiorentino è ancora in vita. Gabbriello Maggiorelli di Castelfiorentino è scomparso all’età di 100 anni nel dicembre scorso.

I custodi della nostra storia. Gli ultimi partigiani parlano alle nuove generazioni tra ricordi e aneddoti

I custodi della nostra storia. Gli ultimi partigiani parlano alle nuove generazioni tra ricordi e aneddoti

di Bruno Berti

EMPOLESE VALDELSA

Con la scomparsa, poche settimane fa, di Gabbriello Maggiorelli, partigiano di Castelfiorentino, il numero dei superstiti di coloro che si erano opposti, armi in pugno, al nazifascismo si è fatto basso, molto basso. Stando a quanto ci hanno detto i presidenti dell’Anpi (Associazione partigiani) di Empoli, Roberto Franchini, e di Castelfiorentino, Marco Cappellini, secondo valutazioni attendibili, nella nostra zona ci sarebbe solo un partigiano ancora in vita, tra coloro che si erano impegnati contro i nazifascisti, compresi quei giovani che nei primi mesi del 1945, pur potendo rimanere a casa, divennero soldati volontari (in quel momento non c’era la leva) del ricostituito esercito italiano. E furono impegnati nelle ultime battaglie della Seconda guerra mondiale in Italia. Si tratta di Mario Frosini, 94 anni, attualmente presidente dell’Anpi di Montelupo Fiorentino.

Infatti, da ormai molto tempo, la quasi totalità degli iscritti all’Anpi non è più composta da ex partigiani, quanto da militanti per cui la lezione dei loro nonni, o bisnonni, non deve andare persa con il passare del tempo: sarebbe come dimenticare la lotta per la democrazia e la grande speranza in un futuro migliore. E da non dimenticare ci sono anche le stragi (come quella del Padule dI Fucecchio) compiute dalle truppe tedesche in ritirata per cui è ancora aperta la questione dei risarcimenti ai partenti delle vittime. L’Anpi è ben presente sul nostro territorio, che a suo tempo ebbe caratteristiche diverse da altre realtà. Nelle grandi città operavano gruppi di partigiani, mentre il grosso dei combattenti era sulle montagne. "Da noi – sottolinea il presidente empolese Franchini – c’erano più che altro quadri dirigenti". Non è un mistero che fossero empolesi molti dirigenti dei partiti antifascisti, soprattutto del Pci. "Qualcuno – riprende Franchini - diceva che Empoli era un problema: "Ne arresti 10 e ne vengono fuori altri 100". Qualcosa del genere lo affermò lo stesso Mussolini durante la sua breve prigionia sul Gran Sasso, dopo il 25 luglio, a uno dei poliziotti, empolese, che lo custodiva. L’ex duce chiese al giovane di dove fosse. Ricevuta la risposta, disse di conoscere la città per i tanti grattacapi che gli aveva creato. Infatti, il Tribunale speciale emise condanne per secoli, tra prigione e confino, a carico di empolesi. Tanto che la città viene definita capitale morale dell’antifascismo.

In tema, invece, di partigiani combattenti, prima dei volontari partiti a febbraio del ’45, c’è da ricordare il conflitto a fuoco, con perdite tra i tedeschi, che, nel luglio del ’44, provocò la rappresaglia della Wehrmacht con la fucilazione di 29, tra empolesi e sfollati rastrellati (tutti civili) in piazza Ferrucci, attuale piazza XXIV luglio. I morti dovevano essere 30, ma uno dei catturati, Arturo Passerotti, riuscì a fuggire benché ferito. A proposito di quadri, c’è da ricordare il ruolo dell’empolese Remo Scappini, che il 25 aprile 1945, in qualità di presidente del Cnl di Genova, ricevette la resa del comandate tedesco della piazza, il generale Guhnter Meinhold. Franchini, poi, sottolinea che c’era una condizione che rendeva il tutto possibile: il consenso popolare alla Resistenza. "In questo quadro c’è anche il grande ruolo delle donne, le famose staffette, che mettevano a rischio la loro vita per portare a destinazione messaggi e ordini". Il presidente dell’Anpi ricorda anche la partenza dei giovani del Corpo volontari della Libertà, avvenuta in piazza del Popolo, il 13 febbraio 1945. "Erano in 530, anche se il numero potrebbe cambiare in base allo studio affidato dal Comune proprio sul numero di quanti partirono. Non erano solo empolesi, venivano anche dai comuni vicini e da altre zone. Alcuni di loro non tornarono".

"A Castelfiorentino – come ricorda il presidente dell’Anpi locale, Marco Cappellini – la partenza avvenne il 3 febbraio del 1945 davanti al Teatro del Popolo. Erano 119: 73 castellani, 27 certaldesi, 8 montespertolesi, 4 montaionesi e 4 sfollati sarzanesi. Prima la città era stata un punto di passaggio tra Pistoia e Siena e aveva avuto anche un impiccato per rappresaglia, a Granaiolo: Aladino Bartaloni". Cappellini aggiunge poi particolari su Maggiorelli, scomparso da poco a 100 anni. "Era stato con noi anche alla celebrazione del 25 Aprile dell’anno scorso. Dopo il ritorno a casa, alla fine delle ostilità, gli erano stati offerti posti in municipio, ma lui preferì tornare in fabbrica, alla fornace Silap, poi divenuta cooperativa, di cui fu capofabbrica e poi direttore".