YLENIA CECCHETTI
Cronaca

I ragazzi e la fede Don Guido Engels: "È saltato il modello della famiglia"

Il proposto di Empoli e la Generazione Z: "Vite senza una missione. Rimandiamo le domande essenziali e con un clic si cancella l’errore. Ma la confessione è ancora molto richiesta, aprirsi è fondamentale".

I ragazzi e la fede Don Guido Engels: "È saltato il modello della famiglia"

di Ylenia Cecchetti

I giovani, la fede, il futuro. Le nuove generazioni empolesi nell’epoca post pandemica: ne parliamo con don Guido Engels, proposto di Empoli.

Come è cambiato il rapporto dei giovani con la fede?

"Fino ai primi anni duemila dopo la cresima i ragazzi prendevano una decisione: o lasciavano o proseguivano il percorso in oratorio, dando una mano come volontari. Oggi non si prendono decisioni, si preferisce non scegliere, non avere responsabilità per non soffrire".

Per responsabilità ne intende una in particolare?

"Prendiamo il matrimonio. Ci si sposa dopo una serie di convivenze, di tentativi, ma questo non sempre fa maturare le persone. Significa condurre una vita che non ha una missione. Questo è il dramma nei giovani: i genitori e i nonni che fino a pochi anni fa avevano un buon reddito, hanno fatto crescere una generazione nella bambagia. Ora i ragazzi si trovano di fronte a delle responsabilità che non vogliono e hanno grossa difficoltà nel portare avanti la vita".

Come vivono la fede nel 2023?

"Cercano un rapporto più personale con la chiesa, di dialogo. Desiderano essere ascoltati, necessità che c’è anche in famiglia. Prima la società e la scuola dettavano regole, ma ascoltavano, anche. Oggi quel modello di famiglia è saltato".

Cosa cercano?

"Vivono in contraddizione: da una parte la voglia di vivere in pienezza e appagare i desideri buoni, come il matrimonio del resto. Dall’altra si trovano in una società sfasata dove lavori per poterti godere il fine settimana. Se ci arrivi, al fine settimana".

Che ruolo hanno le famiglie nell’avvicinarli alla chiesa?

"Ancora la famiglia ci tiene a accompagnare i bambini alla comunione e qualcuno alla cresima, ma c’è il grosso problema dello sport".

Ovvero?

"Siamo subissati di campioni che si realizzano attraverso lo sport: sono primi, ma di primo ce n’è uno. Da qui si generano grandi frustrazioni. Lo sport è diventato motivo di competizione, ha perso la sua funzione formativa. Non c’è più lo spirito di squadra ma l’individualismo e spesso, dietro si cela l’arrivismo dei genitori: il sogno del genitore è avere un figlio che sia campione, almeno nello sport".

La fede in che modo aiuta?

"La fede è l’incontro con Dio. E’ un cammino che porta alla maturazione. Invece oggi il bambino ha tutto e subito trovandosi in un mondo troppo grande. L’accompagnamento graduale che prima avveniva nell’alleanza fra scuola, famiglia, sport, chiesa, oggi non c’è più".

E come si accompagna oggi? "Interrogandosi di più. Non ci facciamo le domande essenziali, le rimandiamo. Non diciamo più che sbagliando si impara: nel pc, nel telefono, un clic e cancello l’errore. Non c’è traccia dello sbaglio da cui traggo insegnamento".

Cosa legge nei loro occhi?

"Vede, cerchiamo di conoscerli, e a volte si aprono. Raccontano di come hanno reagito di fronte a episodi di bullismo, per esempio. La confessione è molto richiesta, vengono anche fuori orario i giovani. Perché l’esperienza del perdono di Dio è cruciale per iniziare a vivere serenamente e responsabilmente".

E che sogni hanno?

"Sognano troppo, fino a perdere il contatto con la realtà. Le relazioni sono digitali. E’ tutto sogno, favola, social e mito".