Giovanni Fiorentino
Cronaca

Ighli Vannucchi saluta il calcio a 47 anni. “A distanza di anni, i tifosi mi ricordano: ho fatto qualcosa di buono”

Pratese di nascita, empolese nel cuore per la carriera da professionsita, il presente a Lucca. Chiusa la carriera pro nel 2014, ha continuato nei dilettanti

201203387748_FIORENTINO-GIOVANNI_VANNUCCHI_3-83657380

Vannucchi oggi e quando era all’Empoli

Empoli, 5 ottobre 2024 – “Ho sempre vissuto il calcio come la passione di una vita, cercando di divertirmi e di trasmettere qualcosa sia da professionista che da dilettante. E se guardo indietro sono felice”. Parola di Ighli Vannucchi, che a 47 anni ha annunciato il ritiro dal calcio giocato. Pur avendo chiuso la sua carriera da professionista nel 2014 nell’allora Lega Pro Prima Divisione con il Viareggio, aveva continuato a giocare con i dilettanti sino alla scorsa primavera, nella Terza Categoria lucchese. E se è vero che l’ex-centrocampista di Prato classe 1977 vive a Lucca (dove ha aperto un negozio di abbigliamento) è ad Empoli che ha dato il meglio di sé. Ighli ha giocato al Castellani dal 2002 al 2010 (salvo una breve parentesi al Palermo): 36 reti in 281 partite fra Serie A, Serie B e Coppa Italia, diverse delle quali con la fascia da capitano.

Vannucchi, riavvolgiamo il nastro: ricorda il suo arrivo all’Empoli?

“Come dimenticarlo? La società cercava un sostituto di Mark Bresciano e mi contattò Pino Vitale. “Vengo volentieri a Empoli, ma voglio giocare nel mio ruolo“, gli dissi. E non me ne sono pentito: anni bellissimi, con la qualificazione in Coppa Uefa nel 2007 come ciliegina sulla torta. Empoli, una città a misura d’uomo simile per certi versi alla Prato nella quale sono nato e cresciuto, mi restituì la motivazione per giocare”.

In che modo?

“Nel 1999 fui ad un passo dalla Lazio che allora era una delle squadre più forti d’Europa. Sembrava tutto fatto, poi però l’affare saltò. L’anno dopo vinsi l’Europeo U21 con la Nazionale, ma avrei potuto far parte della rosa biancoceleste che proprio nel 2000 si laureò campione d’Italia. Quando ti trovi in certe situazioni la carica motivazionale rischia di venire meno. E io la ritrovai proprio a Empoli”.

Nel 2006/07, fu fra i protagonisti dello storico settimo posto dell’Empoli in Serie A: che ricordi ha di quella stagione?

“Tanti. Ricordo il legame fortissimo con mister Gigi Cagni e con il gruppo. Fu forse la mia miglior stagione a livello di rendimento, tant’è che Pratali, scherzando, mi diceva che ero da Pallone d’oro”.

L’anno dopo però, l’Empoli retrocesse in B nonostante un organico che poteva contare su un giovane Claudio Marchisio. Come mai?

“Con il senno di poi, penso siano stati commessi alcuni errori. Arrivarono giocatori forti, ma che non potevano avere quel senso di appartenenza di chi era cresciuto nella società. Poi secondo me il mister sottovalutò la Coppa Uefa: è chiaro che non avremmo potuto vincerla e che il nostro obiettivo restava la salvezza in campionato, ma far bene in Europa ci avrebbe dato ulteriore spinta. Invece andammo fuori subito: per me fu un’occasione persa, che ci condizionò”.

Le piace l’Empoli di D’Aversa?

“Per quel poco che ho avuto modo di vedere, mi sembra che l’allenatore sia riuscito a costruire una squadra unita. Spero possa arrivare in Europa, anche se non sarà facile”.

Un bilancio della sua carriera?

“Mi sento fortunato, ho potuto giocare per passione. I soldi sono importanti, ma non ho mai scelto solo in base all’ingaggio. Fatico a capire certi atteggiamenti dei calciatori di oggi, ma è un pensiero personale. Ho perso qualche treno, probabilmente. Ma se vado a Empoli, a Salerno o anche in posti in cui ho giocato meno come Spezia e vedo l’affetto che a distanza di tanti anni continuano a riservarmi i tifosi, vuol dire che forse sono riuscito a lasciare qualcosa di buono. E’la mia vittoria più bella”.