
Luigi Ciatti, il padre di Niccolò il 22enne morto in seguito ad un pestaggio il 12 agosto 2017 mentre si trovava in vacanza in Spagna
EMPOLIUn abbraccio stretto, forte e potente. Quello tra padri che hanno perso un figlio, che pur non conoscendosi condividono un dolore immane. Quando Farid Moubakir lo ha invitato a Empoli per prendere parte al corteo, non si è tirato indietro Luigi Ciatti. "Sono il babbo di Niccolò – si è presentato ai giovani della piazza –. E alla mia famiglia, come a quella di Maati in un giorno è cambiata la vita. La nostra data è indelebile: 12 agosto 2017". Una data che a Firenze nessuno dimentica. Il 22enne si trovava in vacanza con amici in Spagna, dove è morto in seguito ad un pestaggio davanti a una discoteca. "Dopo 7 anni – ricorda Ciatti ripercorrendo la lunga vicenda giudiziaria – siamo arrivati ad una condanna definitiva in Cassazione contro l’unico assassino, che è latitante. Siamo ancora qui a chiedere giustizia".
Una serata di festa che si trasforma in tragedia, dal divertimento, in una manciata di minuti, la disperazione. Due storie così lontane eppure legate da un filo sottile. "Rivivo continuamente nella mente le immagini della sera in cui Niccolò viene ucciso – va avanti Luigi Ciatti –. Sia per lui che per Maati si è trattato di atti volontari. In entrambi i casi sarebbe bastato poco per evitare la tragedia. Sarebbe bastato che i 400 ragazzi italiani intorno a mio figlio e i suoi amici di una vita, avessero fatto un passo verso Niccolò. Forse lo avrebbero salvato. Sono attimi ai quali oggi non si può porre rimedio". E nessuno del gruppo si è opposto alle cinque coltellate che hanno tolto la vita a Maati. Silenzio. Paura. Omertà.
"Raccontare il dolore delle nostre famiglie può servire a lanciare un messaggio: vi chiediamo di amarvi, ragazzi, di apprezzare la vita e di pensare prima di agire. Basta un attimo a cambiare un destino. L’indifferenza che c’è va combattuta, insieme". Insieme come comunità. Quella scolastica, seppur assente ieri in piazza, è fatta di studenti, tecnici, professori, collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e genitori. La parola quindi è passata all’unica scuola superiore che ha deciso di esserci. Accompagnati dalla dirigente Barbara Degl’Innocenti, hanno preso il microfono tre rappresentanti del consiglio di istituto dell’Isis Enriques di Castelfiorentino. "Siamo qui a rappresentare l’impegno della scuola contro la cieca brutalità di chi ha strappato una giovane vita. A testimoniare il lavoro costante portato avanti insieme alle famiglie, per educare alla cultura del rispetto, delle regole civili, degli altri, della vita. Non servono progetti didattici ad hoc per capirlo. Da sempre si vive di legalità e solidarietà. Lo ripeteremo nelle nostre aule e nelle nostre case: l’arma più forte è la non violenza".
Y.C.