IRENE PUCCIONI
Cronaca

Il fratello Samir : "Non siamo omofobi Più volte ho provato a chiarire con lei"

"Quelle brutte frasi sono uscite in un momento di rabbia. Sta portando avanti questa storia perché di mezzo ci sono i soldi"

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di Irene Puccioni

"Perché non racconta tutto? Perché non fa sentire anche gli altri messaggi vocali, quelli in cui i miei genitori le dicono di tornare a casa e di parlare? Perché non dice che io l’avrei accolta qui da me ad Alessandria?". Samir Chalhy è il fratello maggiore di Malika, la 22enne di Castelfiorentino, ripudiata dalla famiglia dopo aver rivelato ai genitori di amare una ragazza. E’ colui che alla sorella ha detto "ti taglio la gola", "sei una tumorata lesbica". "Quelle frasi sono uscite in un momento di rabbia, dopo l’ennesimo litigio, dopo mesi in cui ho provato ad avere un contatto con lei. Sono cose che non ridirei mai. Però adesso – dice Samir – fatemi spiegare tutto, fornire una descrizione chiara di ciò che è realmente successo, non per la mia immagine ma per quella dei miei genitori".

Samir, quegli audio che vostra madre ha mandato a sua sorella sono inequivocabili. Dice che le fa schifo, che avrebbe strappato il cuore dal petto alla compagna e molto altro…

"E’ vero, ma sono solo una minima parte della lunga sequenza di messaggi vocali che le ha mandato subito dopo aver letto la lettera in cui rivelava di essere lesbica. In tutti gli altri messaggi, che mia sorella si è guardata bene di rendere pubblici, provava a convincerla a tornare a casa, che ne avrebbero parlato. Mia mamma reagisce di pancia. Sotto questo aspetto siamo simili. Ci infiammiamo per 10 secondi, ma sbolliamo subito. Mio padre è invece più riflessivo".

Perché i vostri genitori hanno cambiato la serratura di casa? Perché non le vogliono restituire i suoi effetti personali?

"Il fatto di non restituirle vestiti e scarpe è un errore. Dovevano ridarle tutto e farle fare la sua strada, ma è stato un modo per farla tornare. Invece lei ha mandato altre persone a chiedere le sue cose. E’ in quella circostanza che i miei hanno cambiato la serratura: avevano paura che qualcuno di estraneo potesse entrare in casa, avendo Malika ancora le chiavi".

Da fratello maggiore cosa ha fatto?

"Le ho offerto subito un posto a casa mia. Da due anni abito da solo ad Alessandria, dove lavoro. Avrei voluto conoscere anche la sua compagna. Malika però ha rifiutato dicendo che il suo posto era a Castelfiorentino. Ho cercato di gestire tutta la vicenda nonostante la distanza. Ho detto ai miei di stare tranquilli, di riflettere. Poi è arrivata la denuncia ai carabinieri. Questo è stato davvero troppo. Non se lo meritavano. Si sono sempre spaccati la schiena. Malika è sempre stata trattata come una principessa. Se lo meritava eh, perché non ha mai dato problemi. Quello che ha dato più grattacapi in famiglia sono sempre stato io. Però questa cosa l’ha gestita malissimo".

Cioè?

"Sapeva bene che i nostri genitori non lo avrebbero accettato. Non doveva continuare a mentire, ma sicuramente poteva prepararli e prepararsi invece di fare tutto questo putiferio. La sua scelta era di vivere con un’altra donna? Benissimo, poteva mettere da parte qualche soldo, trovarsi prima una sistemazione e poi uscire di casa. Invece ha preteso tutto e subito. Sono stato il primo a tenderle una mano, e lei mi ha risposto ‘se vuoi aiutarmi dammi 2mila euro’".

Non vi sentite più?

"L’ultimo contatto è stato per il giorno di Pasqua. Nostro nonno è venuto a pranzo da noi, come ogni anno si è presentato con due buste con dei soldi e due uova di cioccolato, anche se sapeva che Malika non c’era. Attraverso un amico comune l’ho cercata perché ci tenevo a darle il regalo del nonno. Non ha voluto vedermi, sono riuscito a parlarci al telefono. A un certo punto, non ricordo neppure come la conversazione sia degenerata, lei ha urlato ‘vi denuncio tutti, vi porto tutti in tribunale’. Ecco, è lì che le ho detto quelle parole. Le ho dette in un moto di rabbia".

Quindi, non c’entra nulla l’omofobia?

"Assolutamente no. Non ce l’ho con mia sorella perché è lesbica, ma perché ha voluto far la bambina, con colpi di testa. La conosco bene: adesso sta portando avanti tutta questa storia perché di mezzo ci sono i soldi. Se davvero vuole essere un simbolo dei diritti degli omosessuali lo dimostrasse con i fatti: devolvesse l’80% delle donazioni che le stanno arrivando alle persone discriminate e in difficoltà che l’hanno contattata".

Un riavvicinamento è possibile?

"Io sono l’ultima persona che conta in questa storia. Prima voglio che appiani le divergenze con i nostri genitori. Penso però che l’unica cura è il tempo".