BRUNO BERTI
Cronaca

Il j’accuse di Parrini "La destra di oggi è più arroccata di quella di Fini"

Il senatore partecipa alle celebrazioni del giorno della Liberazione "C’è un disegno politico che punta all’egemonia del presente tramite la riscrittura deformante del passato". E fa il punto sul Pnrr.

Il j’accuse di Parrini "La destra di oggi è più arroccata di quella di Fini"

di Bruno Berti

Il vicepresidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, Dario Parrini, che ne era stato alla guida nella precedente legislatura dal 2020 al 2022, ha dimestichezza anche con i numeri, soprattutto quelli dell’economia, necessari a chi vuole fare politica con buone opportunità di capire come vanno le cose. Per questo ha qualcosa da dire sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, tema su cui la politica sta discutendo animatamente, per non usare termini più sanguigni, guardando anche alle ricadute locali, che per un parlamentare che il territorio lo conosce come le sue tasche sono elementi decisamente importanti.

Senatore, di che cifre parliamo a livello regionale e locale?

"Facendo un conto che, viste le difficoltà legate all’attuazione concreta del Piano, deve essere considerato approssimativo, alla Toscana dovrebbero andare circa 10 miliardi di euro, tra prestiti (che sono la maggioranza della cifra, oltre 200 miliardi assegnata al nostro Paese) e risorse a fondo perduto. Sempre mettendo in conto una certa approssimazione, nella nostra zona dovrebbero arrivare 500 milioni di euro per le varie voci di spesa. Tanto per capirsi il teatro e gli interventi sul centro a Empoli, la materna e il rifacimento del centro storico a Vinci, per fare qualche esempio. Una colossale opportunità da non sprecare".

Una partita molto interessante, dunque. Dove stanno i problemi?

"A suscitare forti preoccupazioni sono anzitutto i pasticci dell’esecutivo in Parlamento, tanto che la credibilità del governo nei confronti della Commissione Ue ne ha risentito. Senza contare che anche documenti come il Def (Documento di economia e finanza, ndr) mostrano scelte sbagliate, con briciole per lo sviluppo e per i lavoratori, come le risorse per l’abbattimento del cuneo fiscale, che contribuisce a determinare stipendi bassi".

Immaginiamo non sia finita...

"E poi ci sono i tagli a scuola e sanità, con quest’ultima che arretra dal punto di vista delle risorse a sua disposizione, pur con tutti i problemi che i cittadini ben conoscono".

Senatore c’è anche dell’altro? "Oltre ai fiaschi sulla politica economica si deve considerare anche il tradimento di proposte elettorali come la flat tax e le pensioni a cui si reagisce con tentativi di rivincite ideologiche sui terreni identitari, in particolare il revisionismo storico con cui si racconta una storia d’Italia che non è mai esistita ma che piace alla porzione ex missina dell’elettorato di FdI. La cosa grave è che uno dei protagonisti di questa manovra sia la seconda carica dello stato (il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ndr). Per capirsi, dire che non c’è l’antifascismo nella Costituzione significa passare il segno". Quindi quello della polemica sull’antifascismo è una maniera per parlare di altro?

"No, e tanto meno è solo questione d’ignoranza, né siamo di fronte a intemperanze o ingenuità. Credo che ci sia un preciso disegno politico che punta all’egemonia del presente, tramite la riscrittura deformante del passato. A questo proposito aggiungo anche una considerazione: quando in campagna elettorale parlavamo di pericoli fascisti, non di un nuovo regime certo, non erano fantasie, anche se molti avevano liquidato la cosa con sufficienza".

Dal punto di vista politico, cosa significa questa scelta?

"Dispiace vedere che la destra italiana, arrivata a esprimere il presidente del Consiglio, si sia posta su questi temi in una posizione ben più arretrata di quella dove l’aveva portata Gianfranco Fini sciogliendo il Msi e fondando An nel gennaio 1995 a Fiuggi".