Non fare di tutta l’erba un fascio, non sparare nel mucchio: l’Empolese Valdelsa produce quasi un terzo dei 7-800 ettolitri annui di vini rossi Docg Chianti; e Montespertoli ne è la ‘capitale’. La trasmissione del servizio pubblico di Rai3 di domenica scorsa, “Report“, ha aperto le porte a una polemica legata ai contenuti pubblicati, in cui si parla di pratiche riscontrate dal servizio quali acquisto di vini fuori dalla Toscana e ricorso a ’correttivi’ nella produzione. Ma dal cuore ‘empolese’ del Chianti si prendono con fermezza le distanze da quanto pubblicato da “Report“.
Alessio Mugnaini (nella foto in alto a destra), sindaco di Montespertoli e delegato all’agricoltura per l’Unione dei Comuni dell’Empolese Valdelsa, lo fa evidenziando una realtà precisa: "A Montespertoli i viticoltori hanno sottoscritto un patto per una collaborazione socialmente impegnata verso il territorio e sono convinto che la quasi totalità delle imprese di questa filiera metta in bottiglia l’essenza stessa dell’azienda e un prodotto autentico. Attacchi di questo tipo - riprende il sindaco Mugnaini, facendo riferimento a quanto trasmesso da “Report“ - si aggiungono alle etichette ’nutri-score’ e ai messaggi tipo ‘Il vino nuoce gravemente alla salute’ che qualcuno vorrebbe farci scrivere sopra, ai danni da ungulati che le vigne subiscono, alla scarsa redditività che esiste da anni in questo settore, ai cambiamenti climatici e al difficile contesto dell’export extraeuropeo. Come istituzioni staremo sempre dalla parte di chi produce, lavora e fa crescere il territorio come le nostre aziende agricole".
Una posizione che difende chi produce con coscienza e rispettando il disciplinare anche da parte del presidente del Consorzio del Vino Chianti, Giovanni Busi: "Il nostro impegno è sempre stato chiaro: il comparto del vino Chianti è sano e le nostre aziende lavorano con passione e rispetto delle regole. Negli ultimi dieci anni le aziende hanno investito tantissimo per migliorare la qualità: siamo passati dal 40% al 10% di vigneti vecchi, un dato che dimostra quanto le aziende credano e investano nella denominazione. Le mele marce possono esistere, ma non rappresentano l’intero settore, che continua a crescere e a portare nel mondo vini di grande valore".
Il presidente Busi invita quindi a non generalizzare: "Il Chianti è sinonimo di eccellenza e tradizione, con regole rigide sull’imbottigliamento e sull’origine delle uve. Se ci sono irregolarità, è giusto che vengano fuori, ma non bisogna gettare ombre su chi lavora onestamente". “Report“, il programma d’inchiesta di Sigfrido Ranucci, aveva così sintetizzato l’inchiesta: "Alcuni nomi del vino toscano acquistano ogni anno enormi partite da commercianti di vino che, a loro volta, acquistano vino sfuso attraverso mediatori e grossisti. Il vino viene migliorato con correttivi che vanno a incidere su colore, gradazione e sapore e poi venduto ai grandissimi marchi che, così, riescono a garantirsi la materia prima per produrre il numero di bottiglie che il mercato richiede loro. Si tratterebbe di vino che, a volte, proviene anche da fuori regione e che poi, con l’aiuto di carte e documenti ad hoc, come rivelano alcuni testimoni, verrebbe trasformato in vino toscano, Chianti o Chianti Classico".
Andrea Ciappi