Di famiglie che cercano giustizia, almeno sul piano morale, ce ne sono un migliaio in tutta Italia – questo indicativamente il numero delle cause avviate sul territorio nazionale contro lo Stato tedesco –: in Toscana alcune decine, come quelle che riguardano l’Empolese Valdelsa. Tra le sentenze favorevoli in primo grado che hanno condannato la Germania a risarcire le vittime, ci sono anche le "nostre storie". Quelle di Remo Burlon, l’empolese dipendente della vetreria Taddei che nel 1944 venne deportato a Mauthausen dove morì e per la figlia del quale il Tribunale di Firenze ha riconosciuto un risarcimento di 400mila euro. E c’è quella di un altro operaio, Gaetano Comunale, ai cui eredi spetterà un ristoro di 720mila euro. Se la maggior parte dei parenti di chi ha vissuto il dramma delle barbarie nazifasciste non ha ancora ottenuto giustizia è per gli intoppi legati alla gestione del ministero dell’Economia e finanze e dell’Avvocatura di Stato che spesso ha impugnato le sentenze allungando attesa e tormento.
"Stiamo gestendo tanti procedimenti – spiega il legale Cremona, che assiste diversi degli eredi interessati dai ristori nell’Empolese –. Se aspettiamo sentenze a breve? Per tante cause sono già passati i fatidici 30 giorni. Tanti procedimenti hanno visto spirare il termine che la legge richiederebbe, quindi tutti i giorni sono buoni per un verdetto. Ma siamo alla mercè dei tempi che il giudice vorrà dettare. Quando trattiene la causa in decisione - e qui si fa chiarezza su un aspetto tecnico - ha un termine ordinatorio: sforarlo non produce sanzione. Ecco perché per diverse cause che risultano trattenute aspettiamo la sentenza; più di una decina sicuramente. Potrebbero volerci anche sei mesi". I casi virtuosi in cui il giudice è riuscito a scrivere la motivazione della sentenza nei 30 giorni previsti, si contano sulle dita di una mano.
Molte delle persone che hanno fatto causa e hanno avuto una prima sentenza favorevole, tra l’altro, si sarebbero dette convinte di devolvere la somma ricevuta allo sviluppo dell’attività scolastica legata ai “Viaggi della Memoria“, per renderli accessibili a un numero sempre maggiore di studenti. Ma intanto passano mesi, e passeranno forse ancora altri anni. Troppi nella speranza di un risarcimento, che non servirebbe comunque a dimenticare o a ricucire certe ferite. E – altra riflessione, avanzata da Cremona – è giusto che a pagare per i crimini di guerra tedeschi, laddove i fondi del Ministero delle Finanze lo permettano, siano gli italiani stessi? "La Germania deve fare la sua parte – è l’appello del legale empolese –. L’Italia non può essere sola". Una strada da percorrere starebbe nella fondazione “Memoria, Responsabilità e Futuro“ nata nel 2000 da una legge approvata dal Bundestag per risarcire le vittime del lavoro coatto sotto il regime nazionalsocialista e che avrebbe già elargito 5 milioni di euro. L’auspicio è che "prima o poi, con sapiente lavoro diplomatico, si arrivi ad un contributo tedesco".