
Il sindaco Mantellassi: "Superiamo gli errori del passato senza dimenticarli". Il presidente Aned, Bagnoli: "Oggi è difficile per i giovani capire quell’orrore".
"Quest’anno l’anniversario cade in un momento di grande preoccupazione per l’Europa e per il mondo intero. E con la mente ritorniamo a quell’8 marzo del 1944, quando 55 empolesi furono deportati nei campi di concentramento nazifascisti dopo gli scioperi di inizio anno in cui si chiedevano la fine della guerra e migliori condizioni di vita". Il consigliere delegato alla Cultura della Memoria del Comune di Empoli, Raffaele Donati, ha così aperto le commemorazioni dell’8 marzo, in una data che ad Empoli nessuno ha mai dimenticato. La cerimonia si è aperta ieri nella chiesa della Madonna del Pozzo di piazza della Vittoria. Poi il corteo, formato dalle istituzioni civili e militari, dalle associazioni con i loro gonfaloni e le loro bandiere, e da singoli cittadini si è fermato al Monumento alla ex ciminiera della Vetreria Taddei. "Siamo qui per ricordare una delle pagine più buie della nostra storia, nelle quali sono accadute atrocità inaudite. Vicende che ci hanno lasciato un patrimonio etico di enorme valore, che appartiene alle società civili, democratiche e antifasciste del nostro tempo - ha detto Roberto Bagnoli, presidente Aned Empolese Valdelsa - e che abbiamo il dovere di conservare e trasmettere, soprattutto ai giovani. Oggi viviamo in una società diversa, migliore sicuramente, ed è difficile oggi capire tutto l’orrore, la fame, le violenze subite in passato. Per questo dobbiamo mantenere la memoria".
Tra i presenti c’erano Franco Castellani, presidente onorario dell’Aned del Circondario nonché figlio di Carlo (calciatore dell’Empoli che trovò la morte a Mauthausen, al quale è intitolato lo stadio) ed Andreas Derntl, primo cittadino di Sankt Georgen an der Gusen. Un gemellaggio, quello fra Empoli e la cittadina austriaca, che proseguirà ulteriormente, stando a quanto detto dal sindaco Alessio Mantellassi. "Siamo quasi a trent’anni da un gemellaggio nato nel 1997, che rinnoveremo. E’ stato voluto dalla città e dall’Aned, che al tempo per alcune persone fu un ricordo dolorosissimo: per alcuni, testimoni delle deportazioni e familiari, sembrava impossibile costruire un cammino insieme – ha concluso - il messaggio si basava sul superamento delle divisioni. Abbiamo entrambi compiuto errori, anche l’Italia fu vittima e carnefice, ma superiamo gli errori del passato senza dimenticarli. Sulle macerie del passato si può costruire una cosa nuova". A conclusione dell’evento è stata inaugurata nella Casa della Memoria la mostra intitolata "Forced to work- Willing to survive", che sarà visitabile sino al 31 marzo prossimo.
Giovanni Fiorentino