Valentina Conte
(segue dalla Prima)
Troppe persone se ne sono andate senza il conforto dell’abbraccio delle persone care, senza che nessuno stringesse loro la mano. La morte in solitudine. Ma si sente solo anche chi vive in strutture oggi inaccessibili. Per questo non c’è che da rendere merito ed onori al personale della casa di riposo “Chiarugi” di Empoli che con grande dispendio di tempo e di energie è riuscita ad inaugurare la ‘stanza degli abbracci’. Quindici minuti – non di più – per rivedersi, toccarsi, parlarsi seppur attraverso manicotti, protezioni e microfoni. Anche l’ospedale San Giuseppe consente, in totale sicurezza, di poter trascorrere del tempo con il proprio caro, per combattere la distanza e la solitudine di chi è ricoverato in un reparto Covid. Quindici minuti che sembrano un secondo, ma che sono vita. La sofferenza è stata “umanizzata”. Così non solo le amorevoli mani dei dottori, degli infermieri, degli oss del San Giuseppe e della Chiarugi, ma anche l’abbraccio di un parente possono testimoniare l’affetto, alleviare le pene che non sono necessariamente quelle del distacco, ma anche quelle del ricovero in strutture sanitarie o in case di riposo ormai blindate.
Le certezze, nell’ultimo anno, sono diventate incertezze. Eravamo sicuri di avere dispositivi di sicurezza validi per difenderci dalle forze della natura e ci siamo trovati spiazzati dall’arrivo di questo virus cinese che sta mietendo vittime non solo ‘fisiche’. Pensiamo ai tanti lavoratori che oggi un lavoro non ce l’hanno più o ai ristoratori che nella giornata di San Valentino, con le prenotazioni che avrebbero garantito un confortante tutto esaurito, si ritrovano chiusi e soli. La strada è ancora lunga, ma finché restiamo umani e possiamo contare sul conforto di un abbraccio, siamo vivi. E non siamo soli.