
La grande devozione Madonna del Pozzo La chiesa del miracolo ha cinquecento anni
di Rossana Ragionieri
Un incendio, una grande devozione popolare, un architetto granducale; ecco la chiesa della Madonna del Pozzo della quale si celebrano i cinquecento anni dal miracolo che portò alla sua edificazione. Fuori le mura di Empoli, infatti, c’era l’osteria ‘della Cervia’ composta da tre case contigue e un pozzo con un tabernacolo. L’osteria, che aveva anche una bottega, si trovava sul terreno detto il Campaccio, oggi piazza della Vittoria e accoglieva mercanti e viandanti. Proprietaria era la Compagnia laicale di Sant’Andrea, fondata nel 1340, che manteneva, con i proventi, uno spedale dentro le mura nella via dei Guiducci, oggi via de’ Neri.
Quando un incendio devasta l’osteria, il tabernacolo rimane illeso e si grida al miracolo. La devozione popolare verso la Vergine, del resto, è forte, percepita con un sensus fidei, un intuito del cuore. Proprio la sollecitazione popolare convince la Compagnia a edificare un oratorio nel quale racchiudere l’immagine sacra e il pozzo, la cui acqua è considerata miracolosa. L’oratorio, che risale al 1527 secondo Olinto Pogni, rimane illeso anche quando il commissario Francesco Ferrucci a Empoli dal 14 ottobre 1529, fa abbattere case e fattorie fuori le mura. Poco dopo, nel clima della controriforma che storicamente si fa coincidere col Concilio di Trento, ha grandissima diffusione il culto mariano. L’oratorio è molto frequentato tanto che i fedeli ne chiedono l’ampliamento. Contemporaneamente emergono ruolo e il potere del Granduca che intende rafforzare la presenza granducale sul territorio e sui santuari mariani. L’autorizzazione ai lavori, infatti, viene concessa dai Nove Conservatori del Dominio e della Giurisdizione fiorentina, istituiti nel 1560, vincolata però all’intervento dell’architetto granducale Gherardo Mechini. Così la chiesa si amplia secondo il progetto dell’architetto granducale, coadiuvato dalle maestranze locali guidate dal capomastro Andrea di Simone di Matteo da Bonistallo, soprannominato Fracassa forse perché, per mestiere, “fracassa” per ricostruire. Nella chiesa è ancora visibile il pozzo ed è conservato il tabernacolo con quattro santi, “di scuola fiorentina del XV secolo”. Non si conosce il nome dell’autore, ma Sisto da Pisa con altri studiosi, lo attribuisce ad un allievo di Masolino da Panicale, pittore che lavora anche a Empoli nella chiesa di Santo Stefano. Affiancano la Madonna col Bambino, sant’Jacopo, protettore dei pellegrini, raffigurato nel tabernacolo per la vicinanza di un ospizio. A sinistra della Madonna c’è sant’Antonio abate, col bastone degli eremiti, patrono degli animali domestici perché davanti alla chiesa si svolgeva anche il mercato degli animali. Ai due lati del tabernacolo, negli intradossi della nicchia, sono raffigurati i santi Giovanni Battista e Andrea apostolo. Sono due patroni, rispettivamente della città di Firenze e di Empoli, figure significative perché ogni patrono racchiude in sé devozione e aggregazione di una comunità, in una sorta di legame fondativo.