REDAZIONE EMPOLI

La storia di Gigi Bardini. Deportato e ucciso, ora la vittoria in aula: "Vogliamo giustizia"

Il camionista di Montelupo nel marzo 1944 aveva soltanto 34 anni. Ieri la sentenza di primo grado: riconosciuto il ristoro per i danni.

Il camionista di Montelupo nel marzo 1944 aveva soltanto 34 anni. Ieri la sentenza di primo grado: riconosciuto il ristoro per i danni.

Il camionista di Montelupo nel marzo 1944 aveva soltanto 34 anni. Ieri la sentenza di primo grado: riconosciuto il ristoro per i danni.

Luigi Bardini, nato a Montelupo in una famiglia antifascista, lavorava come camionista ed aveva 34 anni la morte lo trovò nel campo di sterminio nazista nel quale era stato deportato. E a quasi ottantun anni dalla sua dipartita, è arrivata la sentenza di primo grado: la famiglia Bardini ha diritto ad un adeguato ristoro economico accedendo al fondo istituito dal governo Draghi un triennio fa. Si tratta di un percorso ancora lungo, perché l’avvocatura dello Stato ha ancora tempo per un eventuale ricorso e la sentenza dovrà essere visionata anche dal Consolato tedesco "per eventuali azioni da parte della Germania". Ma il pronunciamento del tribunale a favore dei familiari del giovane montelupino assassinato, fa sapere l’amministrazione, rappresenta un riconoscimento non solo per la sua famiglia, ma per tutti i deportati politici che morirono nei lager nazisti. "Finalmente quelle vicende vengono inquadrate per ciò che sono state: un crimine contro l’umanità – il pensiero del sindaco Simone Londi e dell’assessore alla Memoria Lorenzo Nesi – è vero che i responsabili furono processati, ma in seguito beneficiarono dell’amnistia e non fu mai resa piena giustizia per i tragici eventi avvenuti nei confronti di civili innocenti dal marzo al luglio del 1944. Ad oggi, non abbiamo certezze sull’esito di quel processo penale intrapreso nell’immediato dopoguerra. Per tale motivo, l’amministrazione comunale sta parallelamente lavorando per avviare una ricerca storica per far luce su quei fatti". Arrestato in gioventù per possesso di volantini antifascisti, ’Gigi’ Bardini fu spesso incarcerato per la sua opposizione al regime, subendo anche il fermo preventivo in occasione della visita di Hitler a Firenze nel 1938. Nel marzo del 1944, il direttorio fascista locale stilò una lista di oppositori da deportare: Luigi venne deportato a Mauthausen, dove gli venne assegnato il numero 56926, per poi essere trasferito ad Ebensee. Dopo mesi di lavoro estenuante, nell’ottobre del ‘44 fu nuovamente trasferito, nel Castello di Hartheim ad Alkoven in Alta Austria, dove la sua morte fu registrata il 7 dicembre ‘44.

Un tragico epilogo comune a tanti altri cittadini di Montelupo: per questo la precedente amministrazione aveva scelto nel 2023 di ricorrere contro i crimini del Terzo Reich come previsto dall’articolo 43 del decreto legge 36/2022, che istituiva un fondo da 60 milioni di euro complessivi per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra compiuti ai danni di cittadini italiani nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945. Un’azione tradottasi in un ricorso contro la Repubblica federale di Germania e il ministero dell’Economia e delle Finanze per aver subito una profonda ferita rappresentata dalla massiccia deportazione nei lager austriaci di cittadini montelupini, che causò la rovina di intere famiglie ed una una frattura sociale non ancora rimarginata. In questo periodo, il Comune di Montelupo si è adoperato per informare, supportare e coordinare i familiari che hanno espresso volontà di presentare ricorso e chiedere l’accesso al fondo, arrivando a depositare complessivamente 13 citazioni (che interessano 16 deportati) coinvolgendo 25 familiari delle vittime. Quella di Bardini è stata la prima: nei prossimi mesi dovrebbero arrivare anche le altre sentenze.

"In questi ultimi anni, la sensazione è che lo Stato abbia ostacolato i familiari delle vittime, in gran parte ultraottantenni, nel vedersi riconosciuti i ristori previsti dalla legge – ha concluso Nesi – in questo senso pesano i decessi nel frattempo intervenuti di due dei ricorrenti di Montelupo: i figli di Galliano Fiorini, e del dottor Giovanni Nonis, che non sono riusciti ad avere giustizia. Lo Stato potrebbe facilitare la via transattiva, perché i familiari delle vittime ricorrono principalmente per ottenere giustizia. E vogliono farlo attraverso una sentenza che sancisca in modo inequivocabile come quegli eventi furono un intollerabile crimine".