BRUNO BERTI
Cronaca

Ci sono 250 lavoratori a rischio. Cassa integrazione, dati in aumento

Soltanto nell’ultima settimana la Camera del Lavoro di Empoli ha ricevuto una decina di richieste

Lavoro

Empolese Valdelsa, 23 settembre 2022 - Nell’ultima settimana agli uffici della Cgil dell’Empolese Valdelsa è arrivata una decina di richieste di cassa integrazione, che, sommata a quelle già ricevute nelle settimane precedenti, porta il totale poco sotto le 50. I dipendenti coinvolti sono circa 250, un numero certo n on trascurabile che agita i sonni dei sindacalisti. I settori interessati sono quelli, per citare i più rilevanti, della metalmeccanica, del vetro e dell’abbigliamento. Le cause sono da ricercare nell’esplosione dei prezzi dell’energia, senza dimenticare i colpi assestati dall’inflazione, con aumenti di costi, che prima o poi si riversano sui prezzi, come chiunque può capire andando a fare spesa, e infine dal fatto che non tutti i comparti sono usciti dalla crisi pandemica. E poi nel quadro si devono mettere anche imprese in difficoltà per altri motivi.

Ricordiamoci, poi, che l’energia, una dei principali responsabili di questa tempesta che l’economia, ma anche i cittadini, stanno attraversando, aveva iniziato a far sentire i suoi pesanti effetti già dal 2021. Secondo Gianluca Lacoppola, coordinatore di zona della Cgil, al momento a pagar pegno sono soprattutto le piccole e piccolissime aziende, quelle sotto i 10 addetti, che tra l’altro nell’Empolese Valdelsa sono molto numerose. "Erano già in difficoltà prima - fa notare il sindacalista -, ma adesso, in alcuni casi, sono costrette a ridurre l’attività, fino a fermarla. Al momento però, non si parla di chiusure. Nel quadro vanno anche messe le difficoltà nell’approvvigionamento di alcune materie prime, come legno, carta e cartone. Le imprese, in complesso, sono in attesa degli sviluppi, e molto dipenderà dai costi energetici. Gli ordini non mancano: si fattura ancora".

Il dirigente sindacale sottolinea anche un’altra questione. "Se si produce, c’è da stabilire come si scaricano sui costi finali gli aumenti dei prezzi. Le minori marginalità, i guadagni, non si devono sempre tradurre in misure contro i lavoratori, visto che non mancano fondi statali per le imprese. E voglio aggiungere anche che non devono essere i titolari di contratti a termine a pagare per la crisi. Penso che servano aiuti per i dipendenti, perché non è certo facile affrontare l’inflazione con salari decurtati dalla cassa integrazione. Vanno in questo senso le proteste che si sono viste, poco lontane da qui, degli addetti di un’impresa metalmeccanica. Quello lanciato è un grido di allarme per la riduzione del potere d’acquisto degli stipendi che deve essere ascoltato. Serve una visione di sistema: non si può scaricare tutto sulle spalle degli operai".

Secondo Lacoppola, a fronte di un aumento molto pesante dell’energia, si pone il problema di un incremento della produttività, che significa investimenti e non aumento dei tempi di lavoro. Anzi. "Una riduzione degli orari di lavoro a parità di salario è possibile. Ci sono studi che dimostrano come un lavoratore impegnato per sei ore al giorno produca di più di uno che ha un orario di otto. Credo che se ne possa discutere, considerato che anche la qualità della vita dei dipendenti migliora. Per raggiungere questo obiettivo serve che le imprese siano disponibili a discutere di produttività e organizzazione del lavoro, certo considerando importante il ruolo degli investimenti. In questo quadro la mano pubblica avrebbe un ruolo di indirizzo e di intervento. Abbiamo una visione di cambiamento che guarda al futuro nell’ottica della centralità del lavoro come elemento costitutivo della società".