YLENIA CECCHETTI
Cronaca

Le lavoratrici della Navico. Ansie, paura e rabbia per un 8 marzo in cerca di speranza

"A 50, 60 anni la professionalità non conta più. Se sei donna, questa difficoltà viene moltiplicata per dieci. Questa vicenda è una ferita aperta".

"A 50, 60 anni la professionalità non conta più. Se sei donna, questa difficoltà viene moltiplicata per dieci. Questa vicenda è una ferita aperta".

"A 50, 60 anni la professionalità non conta più. Se sei donna, questa difficoltà viene moltiplicata per dieci. Questa vicenda è una ferita aperta".

Donne che manifestano per vedere riconosciuti i propri diritti e la propria dignità di lavoratrici. L’8 marzo a suon di battaglie ha attraversato la storia fermandosi ieri davanti ai cancelli della Navico di Montespertoli. Allo stabilimento di Montagnana le mail non arrivano, di ordini non c’è traccia. "La notte i pensieri non fanno dormire". Qualcuno è in smart working, c’è rimasto poco da consegnare. Nemmeno due mesi fa la direzione dell’azienda che produce radar ha comunicato il licenziamento collettivo dei 27 dipendenti e la chiusura del sito. Vertenza aperta e incertezza nel cuore: sono difficili da affrontare le giornate nei reparti. E in un settore prettamente maschile, la sfida è doppia per Carla, Monica e le altre colleghe angosciate dall’idea di dover riscrivere il futuro da un giorno all’altro.

Storie diverse che si abbracciano, si intrecciano, si fanno coraggio. "Questo 8 marzo? Una giornata da dimenticare come tutte quelle che stiamo vivendo e che verranno - Nicoletta Bambi, 62 anni è magazziniera e la più esperta tra le dipendenti - Questa celebrazione non mi rappresenta più, ha perso il valore che per noi donne avrebbe dovuto avere. Mi trovo a pensare a quanto sarà difficile per chi come me è vicina alla pensione, a ricollocarsi sul mercato del lavoro. Diverse di noi, quando andranno a bussare alle porte di altre aziende, saranno considerate troppo anziane: a 50, 60 anni la professionalità non conta più. Se sei donna, difficoltà moltiplicata per 10".

Carla Infante è stata tra i primi tre studenti a fare ingresso in Navico tramite stage. Lavora all’ufficio acquisti, ha 57 anni e ricorda bene quel giorno del 1982. "Per i primi 100 radar usciti dalla fabbrica, stappammo una bottiglia di spumante alta un metro e mezzo. Una festa memorabile. Ora ci stanno portando via tutto, anche la competenza". Si dicono disposte alle barricate, le guerriere di Navico; se ne fa una questione di diritti. Il diritto a crescere e costruirsi una famiglia. "Sono delusa, stufa - sbotta la 31enne Andrea Merlo, la più giovane e assistente amministrativa - Il clima è pesante. Vieni a lavoro la mattina e ti chiedi solo: quando chiuderemo? Cosa succederà? E’ logorante. Ho dovuto rinunciare a compare casa. Accollarmi un mutuo ora è impensabile. E ho paura di quello che mi aspetta. Vuoi diventare mamma? Ti sposerai? Spero di non dover dare spiegazioni in ipotetici colloqui di assunzione".

Monica Cappelletti, responsabile del reparto Logistica, ha 58 anni ed è in Navico da 39. "Ho vissuto tante fasi, ma questa ci lascia una ferita aperta. La preoccupazione è iniziata a serpeggiare per gli acquisti anomali registrati; troppo materiale, un incremento esagerato anche 10 volte tanto rispetto al volume ordinario. Nessuno ci dava spiegazioni". Fino a quella maledetta pec con la notizia del trasferimento della produzione in Messico. "Un appello - è Sandra Cirri, HR del sito a parlare - lo vogliamo rinnovare a chi deve mettere in campo le tutele. Le istituzioni si dovrebbero armare dal punto di vista normativo per impedire piani di tagli trasversali come questo. Abbiamo perso in umanità dall’azienda, ma almeno l’abbiamo riguadagnata dalle istituzioni locali. Non ci hanno fatte mai sentire sole. Continuiamo a lottare". E noi, con voi.