
L’ex vetreria rinasce Cesa, ecco il progetto "Da struttura a rischio a polo per le aziende"
di Bruno Berti
EMPOLI
Di solito le vetrerie dismesse vengono ricordate con un moncherino di ciminiera, salvo per la Taddei (area supermercato Coop di via Masini), di cui rimane anche una parte della fabbrica, quella dove si trova il Centro per l’impiego. Ma c’è anche un’altra ex vetreria, la Cesa di viale IV Novembre (l’impresa arrivava fino a via Meucci), che preserverà un pezzo importante della struttura, quella che attualmente si vede da via Meucci, appunto, con il suo colore rosso mattone tipico delle strutture industriali vetrarie, e non solo: anche il rudere della Montepagani, a Ponzano (impresa chimica), ha lo stesso aspetto cromatico. E questo si dovrà all’impegno della generazione successiva a quelle delle famiglie che acquistarono l’area dopo la chiusura della fabbrica, tutti imprenditori piccoli e medi, vale a dire i rappresentanti della struttura portante del sistema imprenditoriale italiano. Le famiglie in questione sono: Boschi, Corradini e Peruzzi, con interessi nell’area a Sud della ferrovia, la zona delle Cascine per capirsi.
La Cesa era nata intorno alla metà degli anni ’20 come ‘Società in accomandita Cella Lorenzo e C’. Lavorava il vetro bianco e nel tempo passò nelle mani della Taddei. Cessò l’attività definitivamente nel 1971. Davanti ai suoi forni si sono avvicendati tanti empolesi, e tra loro anche un ragazzo, allora davvero molto giovane, quasi ancora un bambino, che avrebbe, negli anni, fatto carriera in politica, fino a diventare onorevole Cesarino Niccolai, eletto per due legislature nelle liste del Pci. Il fabbricato fu acquistato nel 1972 all’asta dai genitori degli attuali proprietari, e come tutte le aree industriali dismesse andò incontro a un periodo di letargo, perché da un lato il Comune non dava opportunità sufficienti per investimenti complessivi di un certo respiro, anche se dall’altro nel tempo una serie di interventi edilizi nella zona è stata portata a termine. E’ rimasta la struttura che ancora si vede (che negli anni ha ospitato anche la sede di un’azienda di trasporti) e che è incappata, a suo tempo, nell’individuazione da parte del Comune dell’area come possibile sede del nuovo teatro, e ci riferiamo al periodo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 del secolo scorso. E non parliamo certo di un fazzoletto di terra, poiché in ballo ci sono circa 10.000 metri quadrati. La volontà di preservare il fabbricato si concretizza con quanto affermano i rappresentanti della proprietà: le famiglie Boschi, Corradini e Peruzzi. "Dopo aver portato a termine la bonifica dell’amianto nella proprietà, vogliamo ricostruire il tetto di quello che è un edificio storico, facendolo diventare, da area a rischio, un contenitore per idee e contributi. Vogliamo fare un intervento importante e siamo disponibili a parlarne".
Oltre a preservare l’immobile, i proprietari puntano a creare una sorta di area per l’insediamento di aziende, sfruttando la vicinanza, reale, con la stazione e quindi i collegamenti ferroviari. "Siamo pronti a parlarne con le imprese interessate. Vogliamo dare una nuova identità all’area, confrontandoci anche con i portatori di interessi, naturalmente nell’attenzione alle norme. Abbiamo fiducia in quello che si potrà fare con le imprese e con l’amministrazione comunale". In ultima analisi Boschi. Corradini e Peruzzi vogliono facilitare la riscoperta e la qualificazione, anche imprenditoriale, del quartiere. "Puntiamo a un percorso con il Comune salvando anche un pezzo della storia imprenditoriale di Empoli". Alla fine arriva anche un’ulteriore suggestione per l’area dell’ex Cesa, la possibilità di entrare nella partita degli Uffizi diffusi, in una sorta di collegamento ideale con la Villa dell’Ambrogiana a Montelupo, tanto per citare una delle sedi locali dell’iniziativa di allargamento sul territorio che riguarda uno dei più importanti musei del nostro Paese.